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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2014 alle ore 08:16.

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ROMA
Matteo Renzi trascorre nella sua Firenze la sua prima giornata da premier incaricato in pectore. L'incarico dovrebbe giungere a breve, forse già stasera o al più tardi domenica mattina, per arrivare al giuramento con i nuovi ministri tra lunedì e martedì. «Siamo in un passaggio particolare dal punto di vista politico e istituzionale», si limita a dire il sindaco uscente nel suo intervento alla cerimonia per le nozze d'oro in Palazzo vecchio a Firenze nel giorno di San Valentino. Un appuntamento tradizionale, da quando nel 2008 è stato eletto sindaco, che Renzi non ha voluto mancare. Ma certo la testa è tutta su quanto accadrà nei prossimi giorni: prima l'incontro con i politici fiorentini, a cominciare dal presidente del consiglio comunale Eugenio Giani, per preparare la successione alla carica di primo cittadino. In pole il deputato Dario Nardella, ma è possibile anche che la scelta cada sullo stesso Giani qualora Nardella fosse ritenuto più utile al governo. Poi, nel pomeriggio, l'incontro con Graziano Delrio, già ministro per gli Affari regionali con Letta, per mettere a punto squadra e programma.
Di certo – dopo la liquidazione lampo del governo Letta – segnali di conforto e di incoraggiamento arrivano a Renzi dai mercati, con la Borsa in volo (ieri il Mib 30 chiudeva a +1,5% e i BTp a 5 anni hanno raggiunto il rendimento minimo da quando esiste l'euro) e con lo spread in calo a 200 punti. «Il cambio di passo nella politica italiana potrebbe sostenere i BTp», recitava ieri una nota Goldman Sachs agli investitori. L'«Obama italiano», come il Time ha definito Renzi, sembra proprio partire con l'appoggio pressoché compatto delle parti sociali, delle imprese e anche dei gran commis dello Stato, come dimostra l'endorsement giunto ieri dal presidente dell'Eni Paolo Scaroni («Renzi ha impeto, è davvero una persona che vuole riformare il Paese»).
Un cambio di passo subito evidente è dunque la bussola che Renzi si è dato per il nuovo governo. A cominciare dalla squadra, che si sta studiando più snella dell'attuale con alcuni accorpamenti: 12, massimo 15 ministeri con l'unione ad esempio di Lavoro e Sanità. Si sta anche pensando a una sorta di ministero "Brand Italy" che potrebbe accorpare Agricoltura, Cultura e Turismo e per il quale si fa il nome del presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo oltre a quello del presidente di Eataly Oscar Farinetti.
Il rompicapo più grande che Renzi con i suoi sta cercando di risolvere è quello della fondamentale casella Economia, per la quale il consiglio di Mario Draghi sarà fondamentale: il leader del Pd sembra abbia in testa Pier Carlo Padoan, appena nominato alla guida dell'Istat. Ma si fanno anche i nomi di Lucrezia Reichlin, Lorenzo Bini Smaghi e Fabrizio Barca. Si conferma verso lo Sviluppo economico Andrea Guerra, ad di Luxottica, che è dato anche come possibile candidato per Eni, Enel, Terna e Poste Italiane. Per il Lavoro sono in rialzo le quotazioni di Tito Boeri, ma si fanno anche i nomi di Pietro Ichino (in quota Scelta civica) e dello stesso Barca. Per Delrio sembra ormai certo lo spostamento nella casella di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, praticamente il braccio destro del premier dal momento che Renzi vorrebbe cancellare la figura di vicepremier lasciando ad Angelino Alfano il Viminale. Nel caso in cui Alfano dovesse invece restare vicepremier, al Viminale potrebbe andare Dario Franceschini, in pista anche per la Cultura. Mentre la delega ai Rapporti con il Parlamento passerebbe a un renziano doc come Lorenzo Guerini, attuale portavoce della segreteria Pd. Segreteria che Renzi vuole mantenere, nominando vice o lo stesso Guerini o Luca Lotti. Per il resto saranno molte le donne presenti nel nuovo esecutivo: tra di loro Emma Bonino confermata agli Esteri, Elena Maria Boschi alle Riforme, la centrista Stefania Giannini all'Istruzione. Per la Giustizia si continua a fare il nome di Michele Vietti ma sono in rialzo le quotazioni del renziano Domenico Manzione, magistrato e sottosegretario agli Interni nel governo Letta.

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