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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2014 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:07.

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Rallenta un pochino la corsa di Matteo Renzi verso Palazzo Chigi. Intanto l'incarico da parte del presidente della Repubblica arriverà domani, e non oggi come si pensava all'inizio. Tra i motivi, spiegano fonti parlamentari, c'è la concomitanza delle elezioni regionali in Sardegna. Con l'incarico domani, Renzi vorrebbe chiudere la partita giurando con i suoi ministri mercoledì. Ma le 48 ore immaginate dal leader del Pd potrebbero diventare un po' di più, facendo scivolare il giuramento tra giovedì e venerdì. Al centro del nodo tempistica il braccio di ferro con Angelino Alfano e il suo Ncd, in agitazione per il programma e soprattutto per la rappresentanza nel governo. Alfano sembra infatti intenzionato a non lasciare il Viminale, casella per la quale Renzi ha invece in mente Dario Franceschini.

Un incontro tra i due per dirimere la questione è in programma per stasera. Più in generale da parte di Renzi – che sta studiando i dossier con i fedelissimi Graziano Delrio, Lorenzo Guerini e Luca Lotti – c'è la preoccupazione, a maggioranza invariata, di presentare una squadra dal profilo forte e rinnovato e un programma dei primi 100 giorni in grado di rispondere alle grandi attese dell'opinione pubblica e del mondo economico: 100 giorni, appunto, è il tempo nel quale Renzi punta di dimostrare che valeva la pena "archiviare" Enrico Letta.
Le tante richieste e l'esigenza di non lasciare troppi scontenti stanno mettendo in discussione quello snellimento della squadra pensato a caldo: non saranno i 21 ministri del governo Letta, ma neanche i 15-16 immaginati. Probabile alla fine una squadra di 18 ministri. La casella più delicata è quella dell'Economia, per la quale i contatti di Renzi con il governatore della Bce Mario Draghi e con lo stesso Capo dello Stato sono frequenti in queste ore. Tra i nomi più accreditati Pier Carlo Padoan, appena nominato alla presidenza dell'Istat, e Fabrizio Barca.

Nome, quest'ultimo, che avrebbe anche il merito di andare incontro alle richieste della sinistra del Pd, in ambascie sulla necessità di un cambiamento dopo il voto anti-Letta della direzione di giovedì scorso. Restano in campo Lucrezia Reichlin e Lorenzo Bini Smaghi, spinto da una parte del mondo renziano ma in non buoni rapporti con Draghi, mentre spunta per la prima volta il nome di Giampaolo Galli, ex chief economist di Confindustria con esperienza in Europa e entrato in Parlamento con il Pd di Pier Luigi Bersani. Per il Lavoro sarebbe invece confermato il nome di Tito Boeri. Per Delrio sembra certa la destinazione a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, mentre Renzi vorrebbe Guerini ai Rapporti con il Parlamento. Per la Giustizia sono in calo le quotazioni di Michele Vietti, restano stabili quelle del renziano Domenico Manzione, mentre comincia a farsi il nome della giurista Livia Pomodoro: l'attuale presidente del Tribunale di Milano sarebbe una scelta di alto livello e non sgradita a Fi.

Ieri il premier in pectore ha trascorso la giornata a Firenze, dove ha incontrato lo scrittore Alessandro Baricco (in pole per il ministero della Cultura) e l'ad di Luxottica Andrea Guerra (per i quale il leader del Pd pensa al ministero dello Sviluppo). Poi allo stadio per seguire la sua Fiorentina, seduto vicino al patron della Tod's Diego Della Valle e al presidente della Medusa Carlo Rossella. Il rientro a Roma è previsto per oggi pomeriggio.
A parte le possibilità di Reichlin e Pomodoro, si preannuncia in ogni caso folta la rappresentanza femminile: oltre alla conferma di Emma Bonino agli Esteri (blindata, a quanto riferiscono fonti parlamentari, dal Quirinale) e dell'alfaniana Beatrice Lorenzin alla Sanità, è pressoché certo l'ingresso della fedelissima renziana Maria Elena Boschi alle Riforme (due caselle alternative per lei sono Cultura e Rapporti con il Parlamento). Dovrebbero poi entrare nella squadra la segretaria di Scelta civica Stefania Giannini come ministra dell'Istruzione; Federica Mogherini, già nella segreteria renziana in quota Areadem, come ministra degli Affari europei; la senatrice del Pd Roberta Pinotti, già sottosegretaria alla Difesa nel governo Letta, come ministra della Difesa.

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