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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 09:26.
L'ultima modifica è del 18 febbraio 2014 alle ore 11:47.

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Walter Bonatti (Olycom)Walter Bonatti (Olycom)

L'alba del 22 febbraio è splendente, fatta di sole e di azzurro limpido, come solo la montagna sa regalare. Trenta metri strapiombanti vengono superati di slancio, lo zaino viene alleggerito di nuovo per rendere possibile l'impossibile: arrivare da solo, in vetta, in condizioni considerate impraticabili per un essere umano. Finiscono nel vuoto staffe e chiodi. Il casco, che ha accompagnato Bonatti in cento avventure, viene risparmiato: a un compagno non puoi rinunciare. Mai.

L'aria è leggera e pesante allo stesso tempo, si fatica a respirare per il gelo e la scarsa presenza di ossigeno. Bonatti sale, passo dopo passo, appiglio dopo appiglio, fino alle tre di pomeriggio. Vede la croce della vetta, la raggiunge, la abbraccia stringendola al petto. La sua ultima impresa, nata come omaggio ai primi salitori, resterà nella storia dell'alpinismo mondiale come quella dei tre record inumani: diretta, solitaria e invernale.

Bonatti ci ha lasciati nel settembre del 2011, è stato il più grande di sempre. Ha scritto pagine di storia sulle montagne di tutto il mondo, ha spostato i limiti dell'uomo oltre l'immaginabile. A lui dobbiamo la vittoria italiana sul K2, anche se in vetta sono arrivati Compagnoni e Lacedelli: senza Bonatti non ce l'avrebbero mai fatta.

Il giorno della sua morte dalla guglia del Dru, scalato in solitaria nel 1955, si stacca sgretolandosi all'improvviso il "Pilastro Bonatti", come lo avevano chiamato i francesi dopo quella straordinaria impresa. La montagna gli rende omaggio a suo modo: nessuno potrà mai più passare dove è passato solo lui.

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