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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2014 alle ore 14:01.
L'ultima modifica è del 27 febbraio 2014 alle ore 11:15.

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(Corbis)(Corbis)

Nelle «Mille e una notte» c'è spesso un uomo semplice e povero che a un certo punto conquista un tesoro; con la ricchezza di solito aumenta la pigrizia e cala la lucidità, è stato ripetuto in mille salse, ma è ormai assodato che dalle favole millenarie non s'impara un granché. Negli ultimi 40 anni i Paesi del Golfo sono diventati miniera di miliardi grazie al petrolio, area con il Pil pro capite più alto del pianeta, e il copione si ripete. Kassem Alom, memoria storica dell'ospedale di Abu Dhabi, ricorda gli Emirati Arabi come terra di gente attiva che si muoveva tanto e dove alcune malattie non esistevano, almeno fino al 1978.

L'anno dopo, mentre l'Iran è travolto dalla Rivoluzione islamica, ad Abu Dhabi spunta il Satana americano sotto forma di panino: apre il primo fast food. «Da allora lo stile di vita è cambiato - ricorda Alom - prima qui tutti camminavano di più e mangiavano meno, da allora sono diventati più sedentari, sempre più in giro in macchina, sempre più junk food in bocca». Dal 1979, numeri alla mano, fra emiratini e Big Mac è stato amore grande: in quarant'anni i 19 fast food del Paese (reame di 5 milioni di abitanti saliti a 7 negli ultimi anni solo grazie agli immigrati) hanno avuto 100mila clienti, dal 2012 sono in cima alla lista dei 34 paesi per consumo di cibo spazzatura secondo un report di Bloomberg.

Oggi Noor Hospitals Group, gruppo ospedaliero guidato dal figlio di Alom, Sami, è un centro per pazienti obesi da ridurre anche con metodi drastici. Solo nel 2013 negli Emirati sono state eseguite 500 operazioni di chirurgia bariatrica contro le 250 dei cinque anni precedenti. Bariatrico è aggettivo ancora non presente nella Treccani online: Wikipedia definisce così le operazioni di riduzione dell'obesità patologica che includono anche la chirurgia gastrorestrittiva, estremo rimedio: si rimpicciolisce lo stomaco così volenti o nolenti si ingerisce meno cibo. Sami Alom conferma in un'intervista che la domanda di questo tipo di chirurgia cresce: obesità e diabete sono, parole sue, «lo tsunami che si è abbattuto» sul Golfo Persico. Dall'amore quarantennale del Golfo per il Big Mac è così nata un'emergenza sanitaria ed economica ma son anche arrivati investimenti sempre più massicci in strutture ospedaliere: il Prince Sultan Cultural Centre, compagnia saudita, ha finanziato un parco della salute a Jeddah in cui ci sarà un centro specializzato per obesità, ipertensione e diabete; gestori delle malattie arabe saranno i texani dell'Houston Methodist Hospital.

Il rischio obesità, prima appannaggio e cruccio degli Stati Uniti d'America e in particolare dei coniugi Obama - lei spinge sul biologico, lui cerca di far quadrare la storica riforma sanitaria - è diventato un problema serio degli sceicchi e può costare ai sei paesi del Gulf Cooperation Council 68 miliardi di dollari all'anno da qui al 2022, quasi il doppio della spesa nel 2013 calcola uno studio di Booz & Co del dicembre scorso; per essere ancora più chiari: l'equivalente del 4,5% dell'attuale Pil.

Insomma negli ultimi decenni l'America ha esportato il panino con cetriolino e fantasottiletta che meglio non poteva: oggi cinque dei sei paesi del Golfo sono nella top ten mondiale per tasso di diabete (fonte Frost &Sullivan). È ora tempo di correre ai ripari. Mentre però in America il simbolo della moral suasion anti-obesità è la zappa di Michelle O. nell'orto della Casa Bianca - oltre a varie e meritorie iniziative di sensibilizzazione nelle scuole e negli ospedali - gli sceicchi usano la materia prima delle favole: un grammo d'oro per ogni chilo perso; e l'antica regola "prima vedere cammello" diventa la più contemporanea "prima vedere bilancia".

In alcune parti del Golfo, in verità, si son provati i tradizionali metodi occidentali: l'11 febbraio scorso il Qatar ha proclamato un giorno di festa per gli sport nazionali fra cui calcio, arti marziali e, perché no, anche l'arrampicata, non proprio il primo passatempo che viene in mente quando tutto attorno è deserto. L'idea di Dubai sembra però più convincente di un giorno di ferie: un grammo per ogni chilo in meno in un mese. Il programma governativo si chiama "Your Weight in Gold" (il tuo Peso in Oro), è partito nel luglio scorso e comprende campi di fitness per chi si sottopone alla cura sotto controllo medico. I numeri e la storia recente confermano l'urgenza di questi approcci: nella classifica mondiale dei Paesi obesi il Qatar è quarto, gli Emirati sesti, il Bahrain decimo.

Altro Paese di grassi da primato è il Kuwait: il 70% dei maschi sopra i 15 anni è obeso o sovrappeso, certifica la World Health Organization. Le donne sono messe anche peggio, la percentuale sale all'80 per cento. Il Paese invaso da Saddam Hussein perché ricco di petrolio, causa della prima Guerra del Golfo del 1991, è oggi secondo solo agli Stati Uniti per consumo di cibo pro capite. Yousef AlQanai, esperto di fitness, ha detto a Cnn: «Abbiamo così tanto petrolio, siamo così ricchi che non abbiamo bisogno di lavorare per vivere, il nostro stile di vita è cambiato assieme ai nostri redditi». Il nuovo stile di vita include il fast food: cheeseburger e Pizza Hut sono arrivati nel Paese assieme alle truppe americane durante e dopo la prima Guerra del Golfo (il primo McDonalds è stato aperto nel 1994) e lo hanno colonizzato più velocemente di quanto ha fatto il curry con la cucina britannica.

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