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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2014 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 24 febbraio 2014 alle ore 12:46.

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Il governo Renzi chiede la fiducia al parlamento. Si comincia dal Senato. Nel pomeriggio, alle 14, le comunicazioni del presidente Piero Grasso, quindi il discorso programmatico del presidente del Consiglio. Alle 15,30 inizierà il dibattito, seguito dalle repliche. Dalle otto di questa sera le dichiarazioni di voto, alle dieci la prima chiama per il voto di fiducia. In serata, dunque, il primo responso.

Domani, martedì, sarà la volta della Camera. Un'agenda precisa in questo caso ancora non c'è: nel pomeriggio si terrà una conferenza dei capigruppo, che dovrà definirla. L'intenzione è comunque chiudere tutto in giornata, al massimo nel tardo pomeriggio.

Il Senato sarà dunque il primo ramo del parlamento al quale l'esecutivo chiuderà la fiducia. Viene così rispettata la regola cosiddetta della "culla": l'Esecutivo deve nascere in una camera diversa da quella in cui ha preso il via il governo precedente, quello Letta. Stando alle dichiarazioni della vigilia, il governo Renzi non dovrebbe avere problemi a palazzo Madama.

Pd: verso il sì dei senatori civatiani alla fiducia
Nel Pd, dopo un incontro ieri a Bologna, gli esponenti legati a Pippo Civati hanno infatti sottolineato la disponibilità a votare la fiducia, anche se hanno parlato di un sì «condizionato». I popolari dell'Italia decideranno oggi, in una riunione dei gruppi parlamentari prima del discorso programmatico del premier in aula, quale linea seguire. Anche in questo caso non dovrebbero esserci colpi di scena. Mario Mauro, ex ministro della Difesa, rimasto fuori da questo esecutivo, ha spiegato che voteranno sì «per rispetto all'appello di Napolitano a dare tutti una mano per aiutare l'Italia e venire fuori dal guado». Fanno parte dell'assemblea di palazzo Madama 320 senatori: i 315 eletti più i cinque a vita. La maggioranza assoluta è di 161 voti, ma per il sì alla fiducia è sufficiente la maggioranza dei votanti.

Il prelievo sui BoT
Renzi mette a punto gli ultimi passaggi del suo discorso. È davvero l'ultima occasione per l'Italia, ci vuole coraggio e si deve andare dritti sulle riforme: il messaggio sarà sostanzialmente questo. In un intervento ieri in televisione, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, braccio destro del premier, ha escluso una patrimoniale, ha chiarito che non è intenzione del nuovo esecutivo sforare il tetto del 3% tra deficit e Pil, e ha aperto alla possibilità di rivedere la tassazione delle rendite finanziarie. In serata la nota di palazzo Chigi: non ci sarà nessuna nuova tassa, ma una rimodulazione delle aliquote su lavoro e rendite finanziarie. Il risultato della manovra, ha spiegato Palazzo Chigi, sarà una riduzione complessiva della pressione fiscale. In un'intervista al Corriere della Sera, il responsabile delle Infrastrutture Maurizio Lupi, del Nuovo centrodestra, ha avvertito: «Il primo nostro atto non può essere una nuova tassa, ne paghiamo già tante. E poi, tassare i risparmi delle famiglie che hanno creduto nello Stato? No, assolutamente no».

Giura il ministro dell'Economia Padoan
Oggi il sedicesimo ministro del governo ha giurato nelle mani del capo dello Stato Giorgio Napolitano: Pier Carlo Padoan, responsabile dell'Economia. Non ha partecipato alla cerimonia al Colle di sabato: rientrava dal G20 di Sidney. A lui il compito di individuare le risorse per quell'azione immediata che il governo intende fare per abbassare l'Irpef, ridurre l'Irap, e cercare in questo modo di dare una scossa per la crescita. «Credo che la riduzione dell'Irap sia il vero obiettivo ambizioso di questo governo, il quale però si gioca la sua credibilità non con misure spot ma con una visione complessiva dei problemi», ha affermato il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, in un'intervista a Sky Tg24.

Spending review: il piano Cottarelli
Per alleggerire la pressione sul lavoro, una soluzione potrebbe essere quella di utilizare le risorse provenienti dal taglio della spesa pubblica. Il commissario alla spending review Carlo Cottarelli ha annunciato che sarebbe pronto a presentare la sua ricetta di tagli alla spesa e che punta per il 2014-2016 a reperire risorse per almeno due punti percentuali di Pil, ovvero circa 32 miliardi, ma con «risparmi significativi» già nel 2014 e nel 2015.

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