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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2014 alle ore 19:09.

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Il muro contro muro continua. Con i sindacati (Cgil, Cisal e Libersind) che hanno indetto lo sciopero che potrebbe far saltare la prima di Manon Lescaut diretta dal Maestro Riccardo Muti , (prevista per giovedì 27 a Roma) che chiedono di essere convocati in Campidoglio. E il niet di Marino che invece richiama tutti al senso di responsabilità e a fare un passo indietro. Perché il danno economico e d'immagine per il teatro di Roma sarebbe enorme. Con il rischio concreto che il mestro Muti lasci definitivamente Roma.

E malgrado l'ipotesi di messa in liquidazione del teatro trapelata ieri dal Comune, le sigle che hanno annunciato la mobilitazione (che rappresentano un centinaio dei 490 dipendenti dello stabile) non hanno al momento disdetto lo sciopero. Una protesta mossa contro il piano di risanamento annunciato dal nuovo sovrintendente Carlo Fuortes per risollevare i bilanci dissestati dell'Ente. Oltre 10 milioni il buco nel bilancio 2013 con una situazione dei conti generale fortemente compromessa. La ricetta Fuortes prevede maggiore produttività a parità di stipendi e 65 tra pensionamenti e prepensionamenti. Vincoli imposti dall'adesione alla Legge Bray annunciata dal teatro di Roma per evitare il collasso.

Il piano registra invece l'adesione delle altre sigle sindacali: Cisl e Uil (in rappresentanza della maggioranza del personale del teatro). Domani in conferenza stampa spiegheranno le loro ragioni.

Intanto il sindaco rivendica lo sforzo economico attuato dal Campidoglio per contribuire al risanamento dell'ente. «Trovo sia necessario un atto di responsabilità da parte di tutti. In un momento di gravissima crisi economica, con 50mila famiglie a rischio abitativo e con il 40% di disoccupazione giovanile, Roma proprio per il suo impegno nel settore della cultura ha deciso di impegnare nel bilancio 2014 16,5 milioni di euro per il Teatro» ha ribadito il sindaco di Roma Ignazio Marino. «Si tratta di una cifra molto grande - spiega - se paragonata a quelle stanziate per altri teatri lirici italiani proprio perché ci teniamo all'eccellenza. Se di fronte a tutto questo continua un clima di conflittualità io rimango davvero perplesso e non comprendo. La mia volontà è quella di seguire ogni percorso necessario affinché il teatro lirico sia sempre più un luogo di successo culturale» precisa Marino. «Chi lavora con altissima qualità all'Opera si deve rendere conto che in questo momento ci sono decine di migliaia di persone che non hanno lavoro e che hanno addirittura il problema della casa. Per il Comune - conclude Marino - investire 16,5 milioni di euro è un impegno davvero notevole».

«Marino ci convochi o salta la prima» chiedono le organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fials-Cisal e Libersind-Confsal. «Non vogliamo scioperare, ma al momento non abbiamo una leva per evitarlo. Siamo al fallimento di una trattativa che non c'e' piu' - ha spiegato Dorella Pieralli (Fials Cisal) - Aspettiamo, quindi, che il sindaco Marino ci convochi. E aspettiamo anche che ascolti, insieme al governatore Zingaretti, la voce disperata di questi lavoratori».

A stretto giro arriva la replica del Costanzi: «Il tavolo sindacale al Teatro dell'Opera di Roma é stato sempre aperto dal 14 gennaio 2014, il dialogo voluto dal sovrintendente Carlo Fuortes non si é interrotto neppure a seguito dello sciopero per il dittico di Ravel e sono stati i sindacati ad abbandonarlo proclamando la nuova agitazione in vista della Manon Lescaut. È quanto precisa lo stesso ente lirico «in merito alle dichiarazioni fatte nel corso della conferenza stampa di oggi di Cgi, Fials e Libersind».

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