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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2014 alle ore 14:30.
L'ultima modifica è del 27 febbraio 2014 alle ore 14:53.

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Disinflazione importata
Il commercio internazionale della Germania, intanto, non aiuta. I prezzi dell'energia – continua Rahbani – sono stabili e i futures lasciano prevedere che la tendenza non cambierà, l'euro è forte e potrebbe leggermente apprezzarsi nel medio termine, gli esportatori degli altri paesi europei hanno probabilmente ridotto costi e prezzi per aumentare i volumi di importazioni e potrebbero presto essere imitati da quelli dei paesi Emergenti, in crescenti difficoltà. Finora le importazioni potrebbero aver tolto direttamente 0,75 punti percentuali dall'inflazione tedesca, senza contare l'effetto della concorrenza: su base annua, il deflatore del pil, che esclude i prezzi all'importazione, è un punto percentuale più alto dell'inflazione al consumo.

Un'inflazione globale?
Questo deve spingere la Banca centrale europea a intervenire ancora per sostenere i prezzi e riportarli in linea con l'obiettivo di medio periodo, al di sotto ma vicino il 2%. Nella consapevolezza che lo sforzo richiesto potrebbe essere enorme. Secondo Laurence Boone e Ruben Segura-Cayuela di Bank of America Merrill Lynch, infatti, il fenomeno della disinflazione importata non è tipico della Germania, anzi: «Una ampia quota della disinflazione nei paesi sviluppati è un fenomeno globale». La loro nota (Rising deflation risk: it's global) aggiorna precedenti ricerche, tra cui quelle svolte da Claudio Borio e Andrew Filardo della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea. La conclusione è che i prezzi continuano a decelerare su scala globale «anche se potrebbero leggermente stabilizzarsi» e che la quota di inflazione nazionale spiegata da fattori internazionali è spesso superiore al 60%: si passa dal 47,3% della Grecia al 91,5% di tutta Eurolandia, passando per l'85,3% dell'Italia e l'89,7% della Francia. La Germania, caso particolare, si ferma al 56,6%.

Politiche monetarie più energiche
La dipendenza di Eurolandia dai prezzi internazionali è quindi notevole, ed è superiore a quella dei singoli paesi, nei quali giocano fattori locali che si annullano a vicenda. L'idea «che gran parte di questa debolezza provenga dall'estero non può dare alla banca centrale – continuano però Boone e Segura-Cayuela – la scusa per non intervenire. Piuttosto – concludono - un'inflazione pericolosamente bassa dovrebbe dare alla Bce una maggior motivazione a muoversi in linea con le politiche più energiche di altre banche centrali». Anche perché, si può aggiungere, le obiezioni tedesche sono relativamente deboli.

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