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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2014 alle ore 16:28.

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Queste foto scattate in strada, nei bazar, vicino alle moschee di Urumqi, ci raccontano uno Xinjiang in fase di intensa trasformazione, nonostante le apparenze.
Scattate appena sei mesi fa, nel mese di settembre del 2013, in occasione della partecipazione del Sole 24 Ore a Cae –Expo, la più grande fiera dell'Ovest della Cina, raccontano frammenti di vita quotidiana che fanno già presagire quello che sta succedendo in questi giorni.

Tensioni continue, frizioni, intolleranza reciproca. La coabitazione tra han e uighuri è sempre più complicata, per le strade della capitale la reciproca ostilità tra le due etnie, quella han è minoritaria, ricordiamolo, è evidente.

C'è poco in comune tra i due ceppi, la Cina usufruisce della frutta e delle altre bontà dell'agricoltura, della cucina uighura nota in tutta la Cina. Gli ughuri, almeno alcuni, negli ultimi anni hanno potuto usufruire di altrettanto benessere crescente. Pechino ha investito nel miglioramento delle condizioni locali, nella speranza di depistare le istanze separatiste.
La cronaca degli ultimi giorni ci racconta un'altra storia. Più del Tibet, è lo Xinjiang, con le sue ricchezze in materie prime (e non solo) a rappresentare la spina nel fianco del governo di Pechino anche per la vasta rete di collegamento ad altre istanze separatiste musulmane.

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