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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2014 alle ore 17:09.
L'ultima modifica è del 06 marzo 2014 alle ore 11:26.

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Qual è l'obiettivo? La riunione di marzo della Banca centrale europea, giovedì 6, è una delle più difficili da prevedere. Non solo perché i recenti dati macroeconomici danno indicazioni contrastanti, e bisognerà vedere che effetto produrranno sulle nuove proiezioni dello staff della Banca centrale – che guarderanno fino al 2016 – ma anche perché sono due, oggi, i problemi che la politica monetaria di Eurolandia deve affrontare.

Obiettivi e strumenti
Il presidente Mario Draghi lo ha detto più volte, nelle precedenti conferenze stampa. In questa fase, a preoccupare è sia l'andamento dei tassi a breve di mercato, che – anche facendo astrazione da alcuni, consueti, strappi verso l'alto – tende leggermente al rialzo da metà 2013, a fronte di una politica monetaria che vuole continuare a essere, per lungo tempo, espansiva; sia la durata di questa fase di inflazione bassa, al di sotto addirittura dell'un per cento. La scelta degli strumenti da adottare dipenderà a quale obiettivo la Bce intende ora dare priorità.

La fine della sterilizzazione
Non è un caso se, nelle ultime settimane, si sia molto parlato della fine della sterilizzazione degli acquisti di titoli realizzati negli anni scorsi. La Bce ha nelle sue casse titoli per 229 miliardi: si tratta di Pfandbriefe tedeschi (covered bond, legati al settore immobiliare) per 53,6 miliardi e titoli di Stato di paesi in difficoltà acquistati nel 2011 nel quadro dell'Smp, il Securities Markets Program. Per acquistarli la Bce ha dovuto "creare" moneta, che ha però in parte drenato dal sistema (effettuando una "sterilizzazione") attraverso operazioni ripetute ogni settimana. Interrompere questo drenaggio significherebbe immettere liquidità nel mercato monetario a breve, per un valore di 175 miliardi, che si andrebbero ad aggiungere ai 170 miliardi – non moltissimi, in realtà – di liquidità in eccesso che costituiscono quanto resta dalle operazioni triennali a lungo termine del 2011 e 2012. In questo modo, i tassi di mercato potrebbero calare e tornare ai livelli del 2013.

Il nodo della bassa inflazione
Questo strumento, però, è meno utile per contrastare la bassa inflazione. Ossia – per usare un linguaggio che non piace alla Bce, ma che è vicino alla sostanza delle cose – per sostenere la crescita fino al livello in cui i prezzi inizino a salire. Sotto questo punto di vista il problema è riparare il "meccanismo di trasmissione" della politica monetaria: oggi in molti paesi di Eurolandia la liquidità distribuita non arriva all'economia reale ma resta confinata nel settore finanziario e quello bancario in particolare. Le aziende di credito, anche in vista degli stress test, devono risanare i bilanci: hanno fame di risorse e poca voglia di assumere rischi. La scarsa domanda, peraltro, non invoglia a concedere prestiti.

Abs e tassi negativi
Un'operazione che coinvolga gli Abs, le Asset-Backed Securities – bond che racchiudono altre attività, tra cui i prestiti - potrebbe in qualche modo incentivare le banche a concedere prestiti per poterli poi "cedere" – come collaterali, in sostanza in pegno, o vendendoli – alla Banca centrale europea. Al momento sono molto pochi e la Bce è finora sembrata intenzionata a intervenire solo su mercati ufficiali di bond standardizzati, per i quali sia facile "stabilire un prezzo". Un taglio dei tassi – dall'attuale 0,25% - non riuscirebbe a cambiare di molto le cose: il costo del credito, in ogni caso, non potrebbe scendere al di sotto dello 0,10%. Rendere negativi i tassi sui depositi che le banche mantengono alla Bce, oggi a quota zero, ha funzionato bene in Svezia e piuttosto male in Danimarca, entrambe economie piuttosto piccole per fare da apripista a Eurolandia.

La forward guidance
L'altra possibilità è modificare la forward guidance. La politica monetaria è innanzitutto gestione delle aspettative degli attori economici, e la promessa – non un impegno – fatta a luglio 2013 e riproposta ogni mese di mantenere i tassi bassi per un tempo prolungato svolge questa funzione. Oggi c'è un problema di aspettative, anche se quelle a lungo termine, come spiega Draghi, restano ancorate: le attese di inflazione a due-quattro anni – quelle rilevanti per le decisioni di investimento o le trattative sui salari – sono in calo. Tra tutte le forme di forward guidance oggi utilizzate nel mondo, quella della Bce è però la più blanda, perché vaga, e non sono pochi gli analisti e gli economisti che spingono per una formulazione più efficace: Fed e Bank of England hanno introdotto un obiettivo temporaneo di disoccupazione da raggiungere, altre sono persino più precise nell'indicare tempi e livelli dei tassi di interesse.

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