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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2014 alle ore 12:07.
L'ultima modifica è del 07 marzo 2014 alle ore 17:33.

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di Davide Colombo

Un improvviso cambio di governo alla vigilia delle complicate scadenze del semestre europeo già non aiuta. Se poi ci si mette il pepe delle analisi della Commissione sugli squilibri macro, giudicati "eccessivi" per l'Italia, unico paese tra i grandi dell'Unione, proprio mentre il nuovo esecutivo s'appresta a un taglio del cuneo fiscale di dimensioni quadruple rispetto a quello della legge di Stabilità e in aggiunta assicura lo sblocco strutturale dei debiti pregressi della Pa, non c'è da stupirsi che torni a circolare il fantasma della manovra correttiva.

Serve o non serve? Palazzo Chigi assicura che non c'è alcun bisogno della correzione dei conti e conferma l'imminente intervento choc per la ripresa. Ma come interpretare la frase del premier sui numeri «che sapevamo non erano quelli che Letta raccontava»; dichiarazione che provocato l'immediata reazione dell'ex ministro Fabrizio Saccomanni: «Mai raccontato storie sui conti pubblici»?

La risposta che non c'è
Purtroppo il soggetto "terzo e indipendente" che dovrebbe dir la sua su questioni come queste ancora non c'è. Si chiama Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ed è previsto dalla legge costituzionale n. 1 varata il 20 aprile del 2012, vale a dire il provvedimento che allinea il nostro ordinamento alla nuova governance europea sancita dalla riforma del Patto di stabilità e crescita , la sottoscrizione del fiscal compact e l'adozione del Regolamento (UE) n. 473/2013 (il " Two pack") . Un organismo che dovrà operare «in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione», come dice la legge 243 del dicembre 2012, che ne regola le caratteristiche istituzionali, poteri e criteri di funzionamento. Quest'Ufficio avrebbe dovuto essere operativo da inizio anno ma se tutto andrà bene vedrà la luce entro aprile, il mese del varo del Documento di economia e finanza (Def) e del Programma nazionale di riforme (Pnr). Questa settimana il comitato paritetico (15 deputati e 15 senatori delle due commissioni Bilancio) ha iniziato il vaglio dei requisiti dei 107 candidati in corsa per il tre posti in gioco. Una volta fatta la scrematura sui requisiti i nomi e i curricula degli ammessi verranno pubblicati: su quell'elenco le due Commissioni dovranno votare, con una maggioranza dei due terzi, una lista di dieci nomi. Da questa short list finale verrà effettuata la scelta dei tre posti in palio, che è riservata ai presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso. Un iter non difficilissimo. Eppure siamo già in marzo (la chiusura dei termini per le candidature era il 20 gennaio) e l'Upb ancora non c'è.

In corsa Ceriani, Kostoris, Vitaletti , Bordignon, De Joanna e Zanardi
Secondo le poche indiscrezioni circolate (subito marchiate come prova della scarsa trasparenza dell'operazione in corso da parte del Movimento 5 Stelle) , tra i candidati ci sono numerosi professori universitari, funzionari e dirigenti dello Stato, analisti ed esperti di istituti di credito e di agenzie di rating. Ecco alcuni dei nomi più noti: Vieri Ceriani, già sottosegretario all'Economia degli ultimi governi, Fiorella Kostoris, ex presidente Isae, e Giuseppe Vitaletti, a suo tempo consigliere economico del ministro Giulio Tremonti. Gli economisti Massimo Bordignon, Chiara Goretti (attualmente nella squadra di Cottarelli sulla spending review), Guido Rey, Enrico Deidda, Cesare Imbriani, Giancarlo Morcaldo, Alberto Zanardi, oltre a quelle già note di Gianfranco Polillo, Paolo De Joanna, Mario Canzio, Giuseppe Pisauro.

La sede sarà a San Macuto
Si è saputo anche che la sede dell'Upb sarà a San Macuto, nello stabile della Camera dei Deputati che ospita anche la Commissione di vigilanza Rai. Per garantire il funzionamento dell'Upb la legge attribuisce un budget minimo derivante dai bilanci delle due camere e uno staff (6 milioni l'anno e 40 funzionari a regime). I membri del Consiglio dell'Upb, la cui carica è incompatibile con qualsivoglia attività professionale o di consulenza, dureranno in carica sei anni, salvo revoca per gravi violazioni dei doveri d'ufficio, e non potranno essere confermati. Al Presidente sarà riconosciuto un trattamento economico complessivo pari a quello previsto per il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Agli altri due membri del Consiglio un assegno ridotto del 20 per cento.

Jobs Act e Def già fuori portata
Una volta istituito l'Upb potrà accedere a tutte le banche dati pubbliche e dovrà svolgere «in piena indipendenza» analisi proprie sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo. In caso di scostamento tra le sue stime e quelle di palazzo Chigi e del ministero dell'Economia, potrà illustrarne i motivi alle Camere. Dovrà poi effettuare verifiche sull'impatto dei principali provvedimenti legislativi, valutazioni sull'osservanza delle regole di bilancio, l'analisi sulla sostenibilità dei saldi nel medio-lungo termine e, se dovesse servire, vigilare sui meccanismi da attivare per autorizzare o correggere scostamenti dei saldi dagli obiettivi in caso di eventi eccezionali. Appunto: dire se serve o no una manovra. Dato il ritardo possiamo già immaginare che l'Upb non svolgerà (se non molto a posteriori) le sue analisi sul Jobs act, lo sblocco strutturale dei debiti Pa e gli altri pesanti provvedimenti in arrivo. Neppure sul Def e il Pnr dirà molto, visto che in aprile sarà impegnato (se tutto va bene) nelle pratiche di avvio degli uffici. Insomma, il debutto in Italia di un soggetto simile al Congressional Budget Office (CBO) statunitense resta ancora tutto da raccontare. Altri paesi europei sono più avanti. Si tratta di uno di quei «compiti da fare a casa» che per fortuna è fuori dalla portata del Governo Renzi - altrimenti la «piena indipendenza» andrebbe a farsi friggere - ma è un compito da chiudere in fretta.

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