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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2014 alle ore 06:55.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:59.

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Matteo Renzi (Lapresse)Matteo Renzi (Lapresse)

«Chi dice che mancano le coperture? Io i soldi li ho, fino a 20 miliardi». Matteo Renzi in serata sbotta. Dopo una giornata difficilissima, iniziata con un confronto aspro sulla legge elettorale con il gruppo parlamentare del Pd, e proseguita in un corpo a corpo con ministri e uffici di governo per trovare la quadratura sulla riduzione del cuneo fiscale, non vuole sentir parlare di «mancanza di coperture» e di «rinvii»: «Basta con le resistenze, con i dubbi, i frenatori: ho le cifre qui davanti, posso entrare nel dettaglio, non capisco chi ha interesse a metterlo in dubbio».

Matteo Renzi non ha dubbi su chi siano i «frenatori». Non lo dice. Ma non è un mistero che dall'Economia durante tutto il giorno sono stati avanzati dubbi sulle coperture, anzi certezze: «Non c'è ancora niente di solido - fanno sapere da via XX Settembre - la spending review produrrà i suoi effetti nel tempo e comunque i tagli non sono indolori». Fatto sta che il ministro Pier Carlo Padoan, che ieri sera ha avuto un breve colloquio con il premier al telefono, sarà a Palazzo Chigi per un confronto sui numeri solo questa mattina, a poche ore dal Consiglio dei ministri che dovrebbe varare il piano di riduzione di 10 miliardi di cuneo fiscale.
Un decreto? Un Ddl? In serata è chiaro che sarà più che altro un piano che quello il Consiglio varerà. «A me – dice Renzi – interessa che dal 27 aprile gli italiani, coloro che oggi faticano a far quadrare il loro bilancio familiare, avranno un bel po' di soldi in più in busta paga. Questo è il mio impegno. L'importante è che tutti i provvedimenti necessari siano approvati in tempo perché questo obiettivo sia mantenuto. Il 27 aprile, prima delle elezioni Ue».

Dicono che i dubbi sulle coperture siano echeggiati fino al Quirinale. E sicuramente dal Colle si è frenato sul decreto sui pagamenti alle imprese, che sarà infatti un Ddl, sicuramente al Colle non piace l'idea che Renzi possa spingere il deficit/Pil pericolosamente intorno al 3% anche nel 2014, sicuramente tra Bruxelles e il Quirinale auspicano coperture certe.
«Ho tutte le coperture – insiste Renzi –. Ne ho anche di più. Arrivo fino a 20 miliardi». Tutti nel 2014? «Tutti nel 2014. Non li utilizzerò nella totalità, ma almeno 10 miliardi sono sicuri». Per la verità per l'Economia non è certa neppure una frazione di quei miliardi. Ma il premier è convinto dei suoi numeri. «Ho l'elenco qui davanti: 7 miliardi è quello che si può ottenere attraverso la spending di Cottarelli, 6,4 miliardi è la differenza tra il 2,6% tendenziale del deficit/Pil e il 3 per cento che è il vincolo europeo, 3 miliardi è il dividendo dei tassi bassi, 1,6 miliardi arrivano dalla maggiore Iva per i pagamenti alle imprese, 2 miliardi dal rientro dei capitali».

Renzi si aspetta le obiezioni. I 7 miliardi sono solo ipotesi, ma poi vanno fatti i tagli e non sono certo indolori: «Di quei 7 ne userò solo 5, ma ci sono. Capisco che i funzionari frenino, capisco che se voglio tagliare gli stipendi ai dirigenti questi dicono che non si può fare. Ma io taglierò per 500 milioni la fascia alta delle retribuzioni dei dirigenti pubblici, via le consulenze, taglio sulla spesa per beni e servizi, 200 milioni in meno di costi della politica, tagli alla difesa». Si dovrà incidere anche sulla sanità, qualcuno parla delle pensioni di reversibilità: «Preoccupazioni infondate, ho anche rassicurato Errani che sulla sanità non ci sarà nessun problema».
In attesa degli ipotetici tagli è sulle altre voci che si addensano dubbi ancora maggiori. Al di là dell'ambizione del premier, sono tutte voci in gran parte non utilizzabili. I 6,4 miliardi che deriverebbero dallo spingere il deficit al 3% sono un'ipotesi di scuola. In realtà Renzi sa che l'Europa non lo permetterebbe. E in qualche modo lo dice: «Lo so che Bruxelles e tanti frenano, e infatti non lo farò, ma quei soldi sono lì. Si potrebbero usare». Stesso discorso per il dividendo dei tassi bassi: «Nelle previsioni si parla di uno spread a 250, ora è a 172, sono 3 miliardi che ci sono». Ma non si possono usare, se non a consuntivo, come coperture. Allo stesso modo l'Iva sui debiti della Pa e il rientro dei capitali sono poste eventuali e future, non si può scrivere in un testo di legge come copertura. «Non si può? Ma sono soldi che ci sono. Se non subito tra qualche mese. E allora io parto. Parto con il piano di riduzione fiscale più forte di sempre. Non è più tempo di burocrati che frenano. Serve una scossa e io la darò».

Renzi butta il cuore oltre l'ostacolo. Non vuole sentir parlare di quello che si può o non si può fare. Vive come assurde, anacronistiche, burocratiche, le regole sulle coperture. Da aprile, prima delle elezioni europee, vuole che gli italiani, una parte degli italiani, abbiano quei soldi in busta paga. «In realtà in totale ci bastano 8,5 miliardi, proprio perché la riduzione parte in corso d'anno. Quindi, ancora di più, le risorse le abbiamo». Ma se c'è tanta abbondanza, ci si chiede, perché non affrontare anche il taglio dell'Irap: «Io voglio rilanciare i consumi, ma si vedrà che alla fine qualcosa sull'Irap ci sarà. E comunque alle imprese garantiremo una maggiore flessibilità per creare posti di lavoro». I vincoli della legge Fornero saranno superati? «Sì, semplificheremo i contratti a termine e l'apprendistato. Questo posso garantirlo. Il resto delle regole del lavoro sarà affidato a un complesso e rivoluzionario disegno di legge».
«Io sono determinato», insiste il premier, «non mi faccio fermare». La fragilità dei "suoi" numeri non lo spaventa: «Non accetto tutte queste obiezioni, ricordate Tremonti? Metteva a copertura il "miglioramento del quadro economico". E ora mi dite che io non posso questo e non posso quello». L'insofferenza di Renzi è rivolta anche all'interno del suo partito. Non da ora. Ma un po' di più dalla mattinata di ieri, quando nell'incontro con il gruppo sulla legge elettorale è stato sottoposto a un vero fuoco di fila di proteste: «Hanno provato a mettere in discussione la mia leadership. Ma hanno perso. Anche per questo serve un cambiamento forte e non mi farò fermare».

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