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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2014 alle ore 12:01.
L'ultima modifica è del 18 marzo 2014 alle ore 14:23.

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Chi chiama in causa il presidente della Repubblica impegna solo se stesso. «Vengono in questi giorni liberamente sollevate nel dibattito pubblico varie questioni sulle quali peraltro ogni decisione spetta costituzionalmente, com'è noto, al presidente della Repubblica - si legge in una nota del Quirinale, in cui si fa riferimento al dibattito sulla grazia a Silvio Berlusconi e su sue eventuali dimissioni -. Il quale perciò non interviene né ad avvalorare né a smentire apprezzamenti, sollecitazioni o previsioni che impegnano semplicemente coloro che le esprimono, in qualsiasi forma, pubblicamente».

Eutanasia, Parlamento non eluda confronto
Il presidente della Repubblica è intervenuto anche sul tema dell'eutanasia. «Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia», ha scritto Napolitano a Carlo Troilo, consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni, e del comitato promotore Eutanasia Legale. «Drammatici - prosegue il Capo dello Stato - nella loro obiettiva eloquenza sono d'altronde i dati resi noti da diversi istituti che seguono il fenomeno della condizione estrema di migliaia di malati in Italia».

Università e ricerca: Napolitano: preoccupato per le risorse
In primo piano c'è poi la necessità di agganciare la ripresa. La ricerca potrebbe essere lo strumento per raggiungere questo obiettivo, ma le risorse messe sul tavolo non sono adeguate. Il primo rapporto biennale sullo stato del sistema dell'università e della ricerca, sottolinea Giorgio Napolitano in un telegramma inviato in mattinata al presidente dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) Stefano Fantoni, desta preoccupazione per quanto riguarda i dati relativi alle risorse destinate all'università e alla ricerca.

La spesa italiana in R&S tra le più basse delle grandi economie industriali
Su questo punto il rapporto, presentato oggi a Roma, parla chiaro: la spesa italiana in ricerca e sviluppo é tra le più basse delle grandi economie industriali e il ritardo é dovuto principalmente alla spesa del settore privato pari a circa la metà di quella che é la media europea. Tuttavia, anche le risorse pubbliche sono inferiori alla media Ue e non compensano il ritardo del settore privato dato che sono pari a circa lo 0,52% del Pil, ossia lo 0,18% in meno rispetto alla media Ocse.

Università: dal 2009 tagli risorse per un miliardo di euro
Dal 2009 il finanziamento complessivo del ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca al sistema universitario è stato ridotto ridotto di circa 1 miliardo (-13% in termini nominali, -20% in termini reali). La riduzione delle risorse, chiarisce il rapporto dell'Anvur, «è stata resa sostenibile dalla riduzione del personale, soprattutto dei docenti ordinari, il cui numero in passato era rapidamente cresciuto, e dal blocco delle progressioni degli stipendi». Il rapporto studenti-docenti è tornato oggi a valori elevati, ma nei prossimi cinque anni andranno in pensione 9.000 docenti, il 17% del totale. Sarà quindi necessario, sottolinea l'Agenzia, «assicurarne il ricambio -circa 1.800 docenti all'anno- per garantire la didattica, il governo degli atenei e il potenziale di ricerca del Paese».

Servono tre miliardi per coprire il divario con l'Europa
Che fare? Secondo il report, servono tre miliardi per portare la ricerca italiana agli stessi livelli di quella europea. I tre miliardi vanno a colmare il divario che separa il finanziamento italiano per la ricerca, pari allo 0,52% del Pil, dalla media dei Paesi Ocse (0,7%). Un finanziamento pari a circa un terzo del totale del finanziamento pubblico per la ricerca in Italia. La benzina è poca. Occorre fermarsi per riempire il serbatoio prima che la macchina si fermi.

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