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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2014 alle ore 22:22.

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Le norme saranno anche incomplete, ma sono chiare: tra le infrazioni legate alla sosta a pagamento che il Codice della strada punisce, non c'è il restare parcheggiati anche dopo la scadenza del tempo per il quale si è pagato. E allora perché in vent'anni i Comuni hanno continuato a multare anche chi aveva solo il ticket scaduto? Perché il ministero delle Infrastrutture e quello dell'Interno hanno dato pareri discordi sulla questione? E perché ieri il sottosegretario alle Infrastrutture ha dichiarato che invece i due ministeri condividono l'interpretazione che esclude le sanzioni?

Sull'atteggiamento dei Comuni ha pesato non solo la volontà o la necessità di fare cassa: non ha senso imporre il pagamento di una cifra proporzionale al tempo di sosta e poi lasciare di fatto che tutti possano pagare per un periodo inferiore, visto che nessuno rischia multe. Ma i Comuni avrebbero un altro modo per evitare che tutti facciano i furbi: approvare regolamenti che fissano penalità per chi non paga. Perché pochi sinora lo hanno fatto, preferendo imbarcarsi in un'applicazione forzata del Codice della strada (per quanto avallata negli anni da una sentenza di Cassazione e da un'altra della Corte dei conti del Lazio)? Forse perché quando non c'è la multa l'incasso si può effettuare con la riscossione forzata, ma solo con i normali mezzi di recupero crediti che qualsiasi cittadino può usare quando qualcuno non gli dà soldi che gli spettano. Ma forse i Comuni dovrebbero avere più fiducia anche in questi mezzi: mandare a casa una semplice lettera di sollecito in cui si minaccia un'azione legale fa i suoi effetti, come dimostra l'esperienza delle società di gestione delle autostrade, che seguono proprio questa prassi nei confronti di chi non paga i pedaggi.

Quanto alle discordanze tra i ministeri, tutto va visto alla luce del tempo trascorso. Il primo parere, quello del ministero dell'Interno che ammette le sanzioni del Codice della strada, risale all'agosto 2003. Sembra fosse errato, anche se non se ne può avere la certezza: tutti i pareri non sono altro che risposte a quesiti precisi (che arrivano generalmente da Comuni, enti proprietari di strade e corpi di polizia), quindi vanno letti in relazione a ciò che viene domandato. In ogni caso, nel 2007 i ministeri si sono riallineati tra loro. Il problema è che i pareri non sono pubblici, ma filtrano in via informale. Dunque, chi ha la fortuna di averne in mano uno lo conserva come una reliquia e può tranquillamente non sapere che nel frattempo ne sono arrivati altri di tenore diverso sulla stessa questione. Non sarebbe il caso di pubblicare sui siti ministeriali anche i pareri? Certo, emergerebbero anche errori e incoerenze dei tecnici ministeriali che rispondono. Ma forse questo sarebbe il male minore.

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