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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2014 alle ore 13:07.

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Dopo aver portato a casa la rinegoziazione dei contratti a lungo termine con Statoil, il numeor uno dell'Eni, Paolo Scaroni, è pronto a chiudere la partita anche con i russi di Gazprom. E, in una intervista al Financial Times, si dice certo che le tensioni tra Mosca e Kiev diano vantaggio al Cane a sei zampe nell'ambito di questa nuova trattativa. La crisi, spiega Scaroni, «rafforza molto la nostra posizione negoziale, a seconda di come evolverà la situazione; ci sentiamo in ottima posizione».

Il numero uno del gruppo di San Donato Milanese è poi tornato sul problema della scarsa diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico per il Vecchio Continente che ora è stretto tra il desiderio di sganciarsi dalla Russia (da cui dipende per oltre un terzo del suo fabbisogno) e la volontà di percorrere nuove strade (che, nel breve termine, però appaiono di difficile attuazione). «L'Europa è troppo dipendente dal gas russo per fermare le importazioni nel breve termine dal paese, anche secredo che l'Italia riuscirebbe a gestire la situazione».

Guardando poi alle attività Eni in Russia, Scaroni haevidenziato l'ottima tempistica della vendita, conclusa a gennaio, degli asset Arctic gas in Russia per quasi 3 miliardi di dollari:
«La vendita di Arctic Russia si è rivelata una mossa astuta, abbiamo avuto la giusta tempistica. Sarebbe stato molto diffcile realizzare un'operazione simile nel momento attuale; le compagnie russe sono molto caute ora con il loro cash». L'aumento delle tensioni in Ucraina, ha spiegato Scaroni, «è stato uno dei tasselli della decisione di uscire dalla Russia». Altri elementi, prosegue, «erano il fatto che la Russia è laRussia; non è la Svizzera», considerazione importante quando si è dipendenti dalla Gazprom per il trasporto del gas dalla Siberia. Scaroni vuole recarsi a breve a Kiev per parlare dei nove blocchi a shale gas nel bacino Lviv in Ucraina, nei quali Eni ha acquisito una partecipazione. «Se sono preoccupato? No. Voglio esplorare? Si», dice Scaroni ricordando che le attività propedeutiche all'esplorazione di un blocco nel Mar Nero, al largo delle coste della Crimea, sono al momento ferme.

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