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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2014 alle ore 13:14.
L'ultima modifica è del 26 marzo 2014 alle ore 13:40.

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Sarà pur vero come dice Silvio Berlusconi che di cerchi magici intorno al leader non esiste nemmeno l'ombra, che di «magico» c'è solo lui. O che non di falchi e colombe sarebbe il caso di parlare in Forza Italia quanto piuttosto di «piccioni», a voler seguire l'invito della nuova stella Giovanni Toti. Ciò detto non può essere negato che la galassia del potere nei pressi del Cavaliere normalmente già in continuo movimento abbia subito una decisa accelerazione negli ultimi giorni.

L'evoluzione continua dei vertici
Due decenni di presenza in primo piano sulla scena politica dell'ex presidente del Consiglio hanno abituato a ricambi talvolta bruschi di figure al vertice delle sue composite creature, Forza Italia-Pdl-Forza Italia, con ferite dolorose in alcuni frangenti. Sembra passata un'eternità ma molto meno di due anni fa, Monti al governo, all'interno del partito si annoveravano multiformi componenti come malpancisti, formattatori, lealisti, ex forzisti, scajoliani, cattolici, ex An, sudisti. Il delfino Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello, abitué ad Arcore, non avevano ancora traslocato nel Nuovo centro-destra e pure Ignazio La Russa non si era ancora mosso dal Pdl.

Guerra di nervi e nuovo centralismo
Ma ora qualcosa in più (e di preoccupante) si sta muovendo sotto traccia se Berlusconi ha deciso di riportare nuovamente su di sé la guida totale del partito. Come spiegare diversamente l'appello a mettere da parte interessi personali, ambizioni individuali «e la difesa di rendite di posizione assolutamente incompatibili con un percorso di rinnovamento» fatto dallo stesso Berlusconi? Quel qualcosa insomma è la guerra di nervi in corso nello stato maggiore di Forza Italia, attraversato da rancori personali per scalate non andate a buon fine o il ridimensionamento del proprio ruolo. Specie da parte di chi sul territorio ha fatto e fa da portatore d'acqua e non ci sta ad accettare l'estromissione dalle stanze che contano.

Chi c'è nel nuovo comitato di presidenza
Lunedì sera l'ex premier sulla base dell'articolo 23 dello statuto ha nominato i membri del comitato di presidenza di Forza Italia. Dopo mesi di rallentamenti e pressioni ecco venir fuori i trenta componenti con una miscela di vecchia guardia e personaggi in ascesa, giovani ma non solo, nella speranza di non lasciare l'amaro in bocca a nessuno. Spazio ovviamente al neoconsigliere Giovanni Toti e al responsabile dei club «Forza Silvio» Marcello Fiori, alla fidata segretaria campana Maria Rosaria Rossi e al sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, senza dimenticare al contempo i fidati Denis Verdini, Raffaele Fitto e l'avvocato Niccolò Ghedini. Inserita invece solo tra i «partecipanti» al comitato, e cioè senza poteri effettivi, la pasionaria Daniela Santanché che aveva raggiunto lo zenit di influenza nei mesi che precedettero la decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore e ora messa clamorosamente di lato.

Atto formale più che indice di un nuovo equilibrio interno
Altra assenza non irrilevante nel comitato quella di Claudio Scajola, l'ex Dc che aveva retto a lungo l'organizzazione del partito e dotato di un cospicuo feudo elettorale in Liguria. Proprio l'ingombrante fisionomia dell'ex ministro di dice abbia fatto da ostacolo in questa fase all'ex ministro di cui si era vociferata la corsa come capolista alle Europee. Attenzione però, avverte un deputato azzurro a fianco del Cavaliere sin dalla discesa in campo: sbaglierebbe chi considerasse reale la fotografia del potere venuta fuori dal comitato presidenza scelto dall'ex premier. «Non indica un nuovo equilibrio nel partito, in realtà è un atto formale per dotare Forza Italia di un organismo validamente costituito nell'eventualità di problemi». Incombe la composizione delle liste per le Europee e, di rimando, il rischio di ricorsi. Con l'aria che tira.

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