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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2014 alle ore 16:35.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2014 alle ore 19:19.

Una Camera bassa con 315 deputati, un Senato delle autonomie formato da 106 parlamentari eletti direttamente dai cittadini (100 in Italia e 6 all'Estero), con funzioni di controllo e garanzia soltanto su materie di natura costituzionale, trattati internazionali, diritti fondamentali delle persone, legge elettorale ed ordinamenti dell'Unione europea. Questi i principali punti del ddl di riforma costituzionale presentato a palazzo madama da Vannino Chiti e sostenuto da 22 senatori della minoranza Pd e da altri tre senatori: due di opposizione ed uno di maggioranza. Il testo mira a introdurre l'elezione diretta dei 106 senatori previsti, con un sistema proporzionale, che escluda ogni rappresentante delle autonomie locali «perché é impensabile poter far bene due mestieri per volta».
Chiti: non è una controriforma
«Non é una controriforma - ha sottolineato Chiti - perché noi spingiamo per il rinnovamento, ma una riforma che affronta il problema molto grosso del bilanciamento dei poteri. Ogni parlamentare ha un vincolo di lealtà verso il suo partito ma anche verso i cittadini. Renzi ha posto 4 paletti per la riforma del Senato. Noi condividiamo appieno 3 di questi, anzi, li superiamo, ma per il terzo poniamo una questione. La sovranità dei cittadini va garantita. Non imponiamo nulla, tenteremo di convincere della bontà delle nostre ragioni. Da oggi si discute».
Mucchetti: non siamo gli infedeli
Il ddl Chiti evidenzia la contrapposizione interna al Pd rispetto alla linea del premier Renzi. Il premier, sottolinea Massimo Mucchetti, «non e il verbo e noi non siamo gli infedeli». Fino a prova contraria siamo ancora senza vincolo di mandato», rincara Corradino Mineo, che ricorda a chi gli chiede come reagirebbe davanti a un ultimatum di Renzi che «non si può porre la fiducia su un ddl costituzionale». La via, ha sottolineato incece Chiti, «é quella del confronto». In commissione, ha detto Mineo, «potremmo anche presentare emendamenti a un testo di base o diverso, ma potrebbe sembrare ci si voglia mettere di traverso. Noi non vogliamo mettere i bastoni tra le ruote, ma discutere». Il pericolo, paventa Chiti, «é che se si andasse a referendum confermativo da parte dei cittadini, siamo sicuri che tutta la riforma non andrebbe a monte su un punto come questo che poniamo?».
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