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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:55.

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FRANCOFORTE - La Banca centrale europea ha aperto la porta a nuove misure di stimolo - compreso l'acquisto di titoli, pubblici e privati, il cosiddetto "quantitative easing" (Qe) - per evitare che l'inflazione resti bassa troppo a lungo, ma per il quinto mese consecutivo ha lasciato invariati i tassi d'interesse.

Non è bastato quindi a indurre la Bce a passare dalle parole ai fatti il dato dell'inflazione di marzo, scesa allo 0,5%, il minimo degli ultimi quattro anni, una sorpresa per lo stesso consiglio dell'Eurotower, come ha ammesso il suo presidente, Mario Draghi, in conferenza stampa. Draghi ha tuttavia usato toni molto più espliciti rispetto al mese scorso sull'intenzione di agire se, tenuto conto dei fattori temporanei in gioco il mese scorso, la situazione di bassa inflazione dovesse continuare. «Controlleremo molto da vicino gli sviluppi - ha detto - e considereremo tutti gli strumenti disponibili. Siamo risoluti nella determinazione di mantenere un alto grado di stimolo monetario e ad agire rapidamente se necessario. Quindi, non escludiamo un ulteriore allentamento della politica monetaria».

Draghi ha detto che la Bce «non ha finito» con le misure convenzionali, anche se il consiglio non ha per ora trovato un accordo su un ribasso dei tassi dall'attuale minimo storico di 0,25 per cento. È probabile che voglia procedere con un taglio dei tassi prima di utilizzare più controverse misure non convenzionali. A proposito di queste ultime, il consiglio è invece «unanime nel suo impegno a utilizzarle per far fronte in modo efficace ai rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione». Draghi ha citato esplicitamente il Qe.

L'inflazione bassa presenta una serie di rischi, ha ricordato il banchiere centrale italiano: più a lungo dura, più c'è il pericolo che le aspettative di inflazione, oggi ancora vicine nel lungo periodo all'obiettivo della Bce di stare "sotto, ma vicino al 2%", si modifichino. Inoltre è difficile ribilanciare l'economia dell'eurozona: a questi livelli, i prezzi in alcuni Paesi devono finire in territorio negativo (il che è già successo in Grecia, Irlanda, Cipro e ora anche in Spagna). L'inflazione bassa rende poi complicato il rientro dal debito, pubblico e privato, che resta elevato. Infine, c'è il rischio che l'inflazione sia sovrastimata (come ha riconosciuto Draghi, la stessa Bce lo ha fatto in diverse occasioni) e quindi di trovarsi, senza accorgersene, in una situazione di deflazione.

Draghi ha elencato diversi motivi per cui l'inflazione di marzo allo 0,5% è considerata un fenomeno temporaneo, dalla data della Pasqua, a fattori statistici sul prezzo dell'energia, ma ha ammesso che il dato ha in parte colto di sorpresa la Bce. Per questo, il consiglio valuterà attentamente il dato di aprile, che, secondo diversi economisti di mercato, potrebbe risalire anche allo 0,9 per cento. È possibile che, prima di agire, la Bce voglia ora attendere le prossime previsioni del suo staff, a giugno. Il 70% del calo dell'inflazione dal 2,7% di inizio 2012 a ora è dovuto, ha osservato Draghi, a prezzi energetici e alimentari più bassi. Per ora, la Bce conferma che l'inflazione risalirà progressivamente, fino all'1,7% a fine 2016, ma sia la forza dell'euro, sia i rischi geopolitici possono avere ripercussioni che verranno «monitorate da vicino».

La sottolineatura da parte di Draghi che la più grande paura al momento è una stagnazione prolungata - «una paura che in qualche misura è già realtà» - con alti livelli di disoccupazione riflette la percezione della situazione dell'eurozona nel consiglio della Bce, nonostante una modesta ripresa, in cui però la capacità produttiva inutilizzata resta ampia. I rischi per di più restano al ribasso.

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