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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2014 alle ore 15:41.

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(Reuters)(Reuters)

«La banca austriaca Erste group sta pensando di trasferire la sua sede di Vienna a Praga, nella Repubblica ceca, per sfuggire all'annunciato aumento della tassazione sulle banche». Lo ha detto il presidente ceco Miloš Zeman. Un clamoroso autogol (se la notizia fosse confermata) per il governo austriaco di coalizione tra soacialdemocratici e popolari a caccia disperata di risorse aggiuntive dopo i recenti e costosi salvataggi bancari tra cui quello della banca carinziana Hypo Alpe Adria.

Un portavoce di Erste Bank ha subito smentito l'indiscrezione, ribandendo l'intenzione di voler costruire la nuova sede presso la nuova stazione centrale di Vienna, dove, dove, secondo le dichiarazioni precedenti, la banca si traferirebbe nel 2016. Ma la smentita non fugato tutti i dubbi. Il presidente ceco Zeman ha, però, ricordato che la situazione della tassazione fiscale sulle banche in Austria sta creando forti preoccupazioni tra gli istituti di credito viennesi, al punto che alcuni di essi stanno pensando seriamente di trasferire la sede per evitare la mannaia del fisco.

Il cancelliere sociademocratico austriaco, Werner Faymann, aveva annunciato la settimana scorsa che l'Austria il congelamento della controversa tassa bancaria in via di approvazione che avrebbe dovuto recuperare parte degli ingenti finanziamenti che lo stato ha messo sul piatto nel salvataggio di alcuni istituti austriaci.

Senza dimenticare che anche l'unione bancaria europea prevede che gli istituti di credito europei dovranno pagare una nuova quota a un fondo di risoluzione comune che mira a coprire le spese di liquidazione delle banche in difficoltà.

A differenza dell'Austria, la Repubblica Ceca non prevede tassazione bancaria specifica per il settore. La vicenda austriaca fa suonare un campanello d'allarme anche per l'Italia che ha appena aumentato la pressione fiscale sulle banche in modo retroattivo relativamente alla rivalutazione delle quote detenute in Bankitalia. Una mossa che non è piaciuta all'Abi. L'aumento dell'aliquota applicata alle plusvalenze realizzate dalle banche derivanti dalla rivalutazione delle quote Bankitalia presenta «qualche profilo di illegittimità» ed è «illogico», oltre ad essere un «pessimo segnale per gli investitori», perché segnala che in Italia c'è un «Fisco ondivago». Lo ha detto mercoledì il direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini, a Milano a margine di un convegno nella sede del Sole 24 Ore su banche e imprese.

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