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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2014 alle ore 08:14.
Non troppo, visto che per interpretare Alexander von Humboldt ha scelto Werner Herzog. «Mi sembrava che la vita del grande scienziato tedesco avesse una certa somiglianza con quella di Herzog, che aveva dimostrato a più riprese le sue doti di attore». Il legame forse più cementato era quello con Alexander Kluge, con cui fonda L'Institut für Filmgestaltung di Ulma nel 1963 che Reitz dirige fino al 1968. Sono anni di sperimentazione in cui Reitz anticipa la contestazione studentesca e la rivoluzione dei costumi con Mahlzeiten, che vince il Leone come migliore opera prima a Venezia nel 1967. Inquietudini interiori e sociali, attorno a cui ruotano anche alcuni dei film successivi, tra cui Cardillac (1969), fino al sonoro insuccesso di Schneider von Ulm (1978), costosa pellicola in costume, ambientata nel Settecento. Una batosta che immobilizzò il regista fino a Heimat, il cui precursore è il road movie Stunde Null (1977).
Nell'ultima parte della trilogia di Heimat si legge un profondo senso di incertezza nei confronti del futuro e in Die andere Heimat la fine è amara. «Una certa malinconia è tipica del nostro tempo. Sicuramente il futuro non è più quello di un tempo. Per quanto mi riguarda è la cinematografia a rendermi felice. Mi piace perché si ricomincia sempre da zero»
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l'incontro con reitz
«Die andere Heimat» verrà proiettato stasera alle 18,30 al Teatro Kursaal di Locarno e martedì 15 a Bellinzona nell'ambito della manifestazione «L'immagine e la parola», che assieme a «Eventi letterari Monte Verità» e «Youtopia» fanno parte della rassegna «Primavera Locarnese», fino al 16 aprile nel cantone della Svizzera italiana. Edgar Reitz incontrerà il pubblico domani alle ore 15,30 all'auditorium di "Ascona Monte Verità" e terrà un workshop martedì 15 sempre ad Ascona.
pardolive.ch/it/Immagine-e-la-parola