«Non è che vado all'estero: scappo dall'Italia». Ecco perché 4 laureati su 10 non ne vogliono sapere di lavorare qui
Prima la fuga, poi il lavoro. Secondo l'Osservatorio Istud 2013-2014, il 41% dei giovani sceglie l'estero come prima opzione. Anche senza un progetto in cantiere
di Alberto Magnani
2. Perché i giovani non vogliono lavorare in Italia / Prospettive zero
Domani è un altro giorno. E se il fuso orario è diverso, meglio ancora: secondo l'Osservatorio, più di 8 "italians" su 10 non vedono prospettive professionali nel paese d'origine. Nel dettaglio, le opportunità lavorative sono considerate «povere» o «molto povere» dal 32,4% e il 52,2% degli intervistati, contro una media generale del 17,7% e del 20,2%. Se si ribalta la prospettiva, lo sbalzo è ancora più largo: solo il 3% dei laureati italiani considera «molte buone» le offerte di casa propria, contro il 26,1% dei grossi paesi industriali dell'Occidente (i "Gwic", Great Western Industrial Countries: Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna...) e addirittura il 40,6% dei Bric (i paesi emergenti o già emersi come Brasile, India e Cina). In altre parole: un under 30 qualificato di Pechino o Brasilia è 13 volte più ottimista sul proprio futuro rispetto a un coetaneo di Milano o Roma. «C'è una fortissima disillusione. I giovani italiani non vedono prospettive» spiega al Sole 24 Ore Antonio Nastri, ricercatore Istud. I rischi? Ad esempio, "partire per partire" senza un progetto specifico: «C'è una maggiore disponibilità ad accettare qualsiasi cosa – spiega Nastri - Gli italiani fanno più fatica a mettere a fuoco la propria fantasia professionale, soprattutto in un settore stabile».
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