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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2014 alle ore 12:03.

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Nel calcio, come nel quotidiano, ci sono parole che lasciano il segno e che in qualche misura suggeriscono e/o anticipano la fine di un percorso. Ieri sera, sugli spalti dell'Etihad Stadium di Manchester, culla e fortino del City che fu di Mancini e Balotelli, i tifosi di casa hanno esposto uno striscione che recitava: "Don't sack Moyes", che dalle nostre parti si legge "Non licenziate Moyes". Una pernacchia vergata con lo spray su un lenzuolo di lacrime.

Quelle versate dall'inizio della stagione dagli appassionati dell'altra squadra cittadina, lo United, icona e verbo del pallone di lingua inglese fino alla scorsa stagione, quando i Red Devils navigavano stabilmente nelle zone alte della Premier League e si battevano come leoni in giro per l'Europa. Poi, la rivoluzione. Sir Alex Ferguson, il vecchio comandante di mille e più battaglie, 27 anni e 1500 partite da leader maximo di uno dei club più popolari e vincenti sul pianeta, si fa da parte per godersi la pensione e i nipotini e al suo posto arriva tal David Moyes, ex condottiero per due lustri dell'Everton, buone referenze ma "zero tituli" nel forziere. Dalla luce al buio nel giro di qualche mese. Lo United scivola nel fango e nella disperazione, colpito e affondato un po' ovunque.

Per la gioia dei sostenitori del City, si intende. Poco fa, la conferma: Moyes spodestato, squadra a Ryan Giggs.
La stampa inglese ci aveva visto giusto. Il destino del primo successore di Ferguson era già scritto, figlio di una serie di risultati al limite dell'imbarazzante e di dichiarazioni, quelle rilasciate da Moyes nell'ultimo periodo, che hanno regalato gli incubi per settimane ai tifosi dei diavoli rossi. In 51 gare ufficiali, l'erede designato al trono più ambito di Manchester ha raccolto 27 vittorie, 9 pareggi e 15 sconfitte. Un ruolino di marcia tutt'altro che esaltante per una società che negli ultimi vent'anni ha fatto il bello e il cattivo tempo fuori e dentro i confini della Gran Bretagna. Numeri che costringono alla riflessione e al rammarico, ma pure, fosse possibile, alla restaurazione.

Lo United è settimo in campionato, a meno 23 dal Liverpool capolista e a meno 6 dal sesto posto che significa Europa. Di più. In Fa Cup, la squadra campione in carica della Premier League si è fatta stritolare in casa dallo Swansea nel terzo turno. In League Cup, altro scivolone nella doppia semifinale per opera del Sunderland (ultima in campionato). La Champions? Nulla da fare nei quarti contro il Bayern Monaco: Red Devils sconfitti in Germania 3-1 e fine della storia. Guardiola gongola, Moyes si aggrappa alla speranza. E cade.

«Abbiamo giocato bene, non meritavamo di perdere. Il nostro problema è che non difendiamo bene». Le parole che ti ho detto e che non avrei mai dovuto dirti. Moyes le ha snocciolate domenica sera al fischio finale di Everton-Manchester United 2-0, tra i musi lunghi dei tifosi in maglia rossa, che proprio non ce la facevano più ad ascoltare messaggi che facevano a sportellate con la realtà con cui sono costretti a confrontarsi dall'inizio della stagione. Dicono le statistiche che erano trent'anni che le cose non andavano così male per la truppa dell'Old Trafford. Da qui il conto alla rovescia dei giornali britannici, pronti a scommettere sull'imminente cambio in corsa sulla panchina dei Red Devils. Tutto vero. Moyes ha lasciato la scrivania per gentile (si fa per dire) concessione del proprietario statunitense Malcolm Glazer, che ha chiuso la partita con una buonauscita e nulla più, perché aveva inserito nel contratto del tecnico una clausola che permetteva a entrambe le parti di salutarsi prima del tempo (l'accordo valeva 6 anni) senza grandi scossoni.

Fuori lui e dentro Ryan Giggs, il braccio armato di Ferguson nel periodo d'oro della premiata ditta. Giggs, 40 anni e una vita da Red Devil: eccola la restaurazione travestita da necessità. Ferguson non torna ma consegna al suo delfino le chiavi della città, che ricoprirà il doppio ruolo di giocatore-allenatore. Fino a maggio, quando la proprietà a stelle e strisce darà conto delle sue scelte per la prossima stagione. Tre i nomi caldi: l'olandese Van Gaal, il tedesco Jurgen Klopp e lo spagnolo Diego Simeone. Sì, nell'elenco sbirciato dai tabloid inglesi ci sarebbe anche Antonio Conte, ma nella Torino bianconera non vogliono sentire ragioni. Conte non si tocca. Per nessun Van Persie al mondo. O forse no?

Twitter: @dario_pelizzari

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