Notizie ItaliaRiccardi: «Vi spiego perché Roncalli e Wojtyla sono santi, e presto lo sarà anche Paolo VI»
Riccardi: «Vi spiego perché Roncalli e Wojtyla sono santi, e presto lo sarà anche Paolo VI»
di Massimo Donaddio | 23 aprile 2014

Si è trattato di un cambiamento di forma oppure di sostanza per la Chiesa?
Per la Chiesa forma e sostanza si intrecciano. È stato un evento di grande cambiamento, di aggiornamento, che non sarebbe stato tale se non fosse stato anche un evento di rilettura della grande tradizione. È stato preparato da grandi teologi che hanno riscoperto il meglio della tradizione, rifiutando un cristianesimo ideologico e moralista.
Tornando ai due pontefici, sono stati entrambi straordinari innovatori nella comunicazione ecclesiale. Qual è stato il loro segreto?
Entrambi con la loro popolarità hanno fatto presto dimenticare i loro predecessori, ma sono stati semplicemente se stessi. C'era qualcosa di loro stessi che si comunicava in profondità. Giovanni XXIII ha segnato la primavera nel clima cupo della guerra fredda, Giovanni Paolo II la speranza in un mondo che aveva paura ed era rassegnata. Restano comunque le differenze: quello di papa Giovanni è stato un pontificato breve, quello di Wojtyla è stato lungo e all'inizio piuttosto avversato.
Lei, professore ha conosciuto molto bene papa Wojtyla e ha anche deposto al suo processo canonico. Che cosa ci può raccontare di più personale sulla sua santità di Giovanni Paolo II?
Io l'ho conosciuto molto giovane: avevo 28 anni e l'ho seguito lungo tutto il suo pontificato; ho un ricordo per esempio di come si immergeva nella preghiera e sembrava fosse in un altro mondo; ho un ricordo della sua cordialità personale: era simpatico ed era un uomo che aveva sempre voglia di imparare dagli altri, faceva continue domande. In genere con gli anni le persone tendono a parlare e non ascoltare, invece lui chiedeva come se fosse un inesperto.
Secondo alcuni la Chiesa quando canonizza i suoi pontefici canonizza se stessa, facendo del trionfalismo. Ne parlò in qualche modo anche il cardinal Martini. Secondo lei è un'obiezione fondata?
Fu Pio XII che cominciò canonizzando Pio X, non dimentichiamolo. E quindi iniziò un processo. Si poteva pure seguire un'altra strada: quella di non canonizzare i pontefici ma sarebbe sembrata un'esclusione di principio, una discriminazione. Certo, canonizzandoli la Chiesa canonizza un po' se stessa. Ma, cosa vuole, sono figure venerate dal popolo di Dio, invocate: perché non canonizzarle? Quella di Martini era un'obiezione sulla figura di Giovanni Paolo II, un'obiezione molto comprensibile data la figura di Martini, che temeva che il papa coprisse la Chiesa con la sua figura. Martini si nascondeva mentre Giovanni Paolo II era un pastore messianico. Erano due tipi umani diversi e rappresentavano due visioni di Chiesa diverse. Il rapporto tra i due non è sempre stato facilissimo o quanto meno non sempre è stato carico di cordialità, anche se sono personalmente testimone che è stato Giovanni Paolo II in persona a volere Martini arcivescovo di Milano. Lui cercò di sfuggire alla nomina episcopale dicendo che non aveva esperienza pastorale ma il papa gli disse: "L'ho vista in un filmato della Comunità di Sant'Egidio in cui lei dice messa in una borgata romana". Era vero. In quel filmato Martini raccontava il suo lavoro in quella borgata e come ogni domenica celebrasse la messa in una ex pizzeria.
Per finire una domanda d'obbligo su papa Francesco. Che ne pensa dell'avvio del suo pontificato?
Mi sembra che la Chiesa sia uscita dalla sua crisi ed è stupefacente che lo abbia fatto solo in un anno. È veramente una sorpresa, come ho scritto in mio libro. Non è una questione di immagine, è una questione di sostanza. Di rinnovata simpatia. Anche perché secondo me la Chiesa cattolica era ammalata di un male europeo di decadenza e di un male italiano di non governabilità. Con papa Francesco tutto questo è cambiato.