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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2014 alle ore 17:41.
L'ultima modifica è del 26 aprile 2014 alle ore 17:43.

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Le aziende europee stanno cercando di minimizzare le sanzioni contro la Russia per la crisi dell'Ucraina. Mosca e i suoi alleati nel settore privato stanno infatti conducendo una campagna separata per assicurarsi che le relazioni di lunga data esistenti siano mantenute anche se il Cremlino ordinasse un'ulteriore azione militare. Lo riporta il New York Times, sottolineando che le banche e le aziende europee sono molto più esposte all'economia russa di quelle americane.

I dati non lasciano adito a dubbi: gli scambi commerciali fra l'Unione Europea e la Russia sono ammontati a 370 miliardi di dollari nel 2012, mentre quelli fra Stati Uniti e Russia sono risultati pari a 26 miliardi di dollari.

Le importanti relazioni commerciali spingono le aziende europee a fare lobby per un freno alle sanzioni, «rendendo così difficile per i leader americani ed europei arrivare a un pacchetto di misure che possa influenzare il comportamento di Mosca in Ucraina». Dall'annessione della Crimea da parte della Russia, le compagnie energetiche, gli esportatori, i maggiori utilizzatori di gas naturale russo e gli investitori con quote in aziende russe hanno invitato alla cautela perché, a loro avviso, le «sanzioni non colpiscono solo la Russia ma anche l'Europa nel suo intero».

La decisione del G7 di «muoversi rapidamente verso nuove sanzioni» arriva al termine di una settimana in cui i vertici di Gazprom hanno visitato alcune capitali europee per raccogliere il sostegno di clienti e fornitori contro un aumento delle tensioni e favore delle relazioni fra Europa e Russia che non dovrebbero essere interrotte da crisi temporanee.

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