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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2014 alle ore 08:14.

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Pensare è difficile. Pensare a certi problemi è così difficile che il solo pensiero di pensare a quei problemi può far venire mal di testa. Il mio collega neuropsicologo Marcel Kinsbourne suggerisce che quando pensare ci sembra difficile è sempre perché il percorso accidentato per arrivare alla verità è in competizione con altre vie più facili e allettanti, che poi risultano essere vicoli ciechi. È questione di resistere alle tentazioni e la fatica del pensare è dovuta per lo più a questo. Subiamo continui agguati e dobbiamo armarci di coraggio per realizzare il compito. Puah!
C'è un famoso aneddoto su John von Neumann, il matematico e fisico che trasformò l'idea di Alan Turing (ciò che oggi chiamiamo macchina di Turing) in un vero e proprio computer elettronico (ciò che oggi chiamiamo macchina di von Neumann, come per esempio un portatile o uno smartphone). John von Neumann era un virtuoso del pensiero, leggendario per la sua capacità di eseguire a mente calcoli incredibili con velocità fulminea. Secondo l'aneddoto, che come tutte le storie famose ha diverse versioni, un collega un giorno gli propose un problema che si poteva risolvere sia con una serie di calcoli complicati e impegnativi sia grazie a una soluzione elegante e istantanea, di quelle che vengono in mente in un lampo.
Certe persone, come von Neumann, sono naturalmente tanto geniali da poter superare facilmente le situazioni più complicate, e altre procedono lentamente e faticosamente, ma hanno la fortuna di possedere una «forza di volontà» straordinaria che le aiuta a tenere duro nella loro ostinata ricerca della verità. In mezzo ci siamo tutti noi che non siamo calcolatori prodigio e siamo un po' pigri, ma comunque aspiriamo a comprendere tutto ciò che incontriamo. Che cosa possiamo fare? Possiamo usare strumenti per pensare, ne esistono decine e decine. Questi comodi apparati protesici per potenziare l'immaginazione e mantenere l'attenzione ci permettono di riflettere in maniera corretta e anche elegante su problemi veramente difficili. Questo libro è una collezione dei miei strumenti preferiti. È mia intenzione non solo descriverli, ma anche usarli per farvi viaggiare mentalmente senza scossoni attraverso un territorio disagevole fino a raggiungere una visione davvero radicale del significato, della mente e del libero arbitrio. Inizieremo con alcuni strumenti semplici e generali, che si possono applicare ad argomenti di ogni genere. Certi sono ben noti, ma altri non hanno mai destato molta attenzione e non sono stati discussi più di tanto. Poi vi presenterò alcuni strumenti che hanno proprio una funzione particolare, essendo stati ideati per demolire una specifica idea seducente, permettendo di abbandonare un'abitudine inveterata che ancora intrappola e confonde gli esperti. Incontreremo e demoliremo anche una gran varietà di cattivi strumenti, strampalati dispositivi di persuasione che possono essere fuorvianti se non si presta attenzione. Indipendentemente dal fatto che arriviate comodamente alla destinazione che propongo – e che decidiate di restarvi insieme a me – il viaggio vi farà acquisire nuovi modi di pensare agli argomenti e di pensare al pensare.
Come tutti gli artigiani, un fabbro ha bisogno di attrezzi, ma – secondo una vecchia osservazione (per la verità ormai quasi del tutto dimenticata) – i fabbri sono gli unici che costruiscono i propri strumenti. Non sono i falegnami a fabbricare i martelli e le seghe, non sono i sarti a fabbricare le forbici e gli aghi, non sono gli idraulici a fabbricare le chiavi e le pinze, ma i fabbri sanno forgiare martelli, tenaglie, incudini e scalpelli dalla materia prima, il ferro. E gli strumenti per pensare? Chi li costruisce? E di che cosa sono fatti? I filosofi sono stati gli artefici di alcuni tra i migliori strumenti – fatti di null'altro che idee, strutture informative utili. Cartesio ci ha dato le coordinate cartesiane, gli assi x e y senza i quali il calcolo infinitesimale – uno strumento del pensiero par excellence inventato simultaneamente da Isaac Newton e dal filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz – sarebbe quasi impensabile. Blaise Pascal ci ha dato la teoria delle probabilità, che permette di calcolare facilmente i quozienti di scommessa. Il reverendo Thomas Bayes, anch'egli matematico di talento, ci ha lasciato il teorema di Bayes, il pilastro del pensiero statistico detto appunto bayesiano. Gli strumenti che compaiono in questo libro, tuttavia, per la maggior parte sono più semplici, non sono le macchine precise e sistematiche della matematica e della scienza, ma gli utensili a mano della mente.
Un curioso effetto collaterale della mia politica di cercare di scrivere argomenti e spiegazioni che possano essere facilmente compresi da persone estranee ai dipartimenti di filosofia è che alcuni filosofi non prendono sul serio i miei argomenti per una questione di «principio»! Durante una delle John Locke Lectures che tenni a Oxford di fronte a un pubblico in piedi, molti anni or sono, un eminente filosofo fu sentito borbottare, uscendo dalla sala: «Che mi venga un colpo se imparo qualcosa da qualcuno capace di attirare non filosofi alle John Locke Lectures!». Fedele alla parola data, non ha mai imparato nulla da me, per quanto ne so. Da parte mia, non ho mai modificato il mio stile e non mi sono mai pentito di pagarne il prezzo. Nella filosofia vi sono momenti e sedi che richiedono argomenti rigorosi, con tutte le premesse numerate e le regole di inferenza indicate, ma è raro che sia necessario sfoggiarle in pubblico. Ai nostri dottorandi chiediamo di dimostrare di esserne capaci nelle dissertazioni e alcuni mantengono questa abitudine tutta la vita, purtroppo.

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