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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2014 alle ore 08:11.

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Per uscire definitivamente dalla crisi economica, e per risolvere il problema della dinamica del debito/Pil, l'Italia e tutta l'Eurozona periferica dovranno recuperare la competitività e rilanciare la produttività, varare le riforme strutturali e riaprire i rubinetti del credito alle Pmi. Ancora di più, andranno potenziati in Europa gli investimenti produttivi ora bassissimi mentre alla Bce spetta il compito, con il Quantitative Easing, di evitare la deflazione e di indebolire l'euro per aiutare le imprese europee esportatrici. Philippe Waechter, chief economist di Natixis Asset Management (del gruppo Natixis global asset management con 630 miliardi di euro in gestione), guarda lontano. L'orizzonte del ciclo economico si è allungato, commenta, e «questa è un'occasione che l'Italia non può perdere. I mercati credono nella capacità riformatrice di Matteo Renzi, e il premier non dovrà deluderli».
Le aste dei titoli di Stato italiani segnano di mese in mese nuovi rendimenti record al ribasso. L'ultimo BTp Italia è stato venduto agli istituzionali per oltre 10 miliardi in mezz'ora. È un eccesso di zelo?
No, il rischio di disgregazione dell'euro è sparito e questo ha portato al calo dei rendimenti dei bond italiani, spagnoli, greci. L'Italia ha un surplus primario, sta meglio della Francia e della Spagna, ma ha anche una storia complicata alle spalle. Se ricordiamo Mario Monti, è entrato in Parlamento con un faldone di riforme strutturali e poi ne è uscito a mani vuote. Renzi deve evitare che accada questo anche a lui: forse Renzi riuscirà a convincere i parlamentari a schierarsi dalla sua parte. Ma i mercati aspettano di avere la conferma che saprà veramente cambiare l'Italia.
Renzi ha un grande vantaggio rispetto a Monti: il contesto è ora molto positivo sul rischio-Italia, i mercati premono sull'acceleratore del "risk on".
Il vantaggio principale è che i mercati non temono più la fine dell'euro. La Bce è pronta ad adottare misure straordinarie non convenzionali per sanare la frammentazione del mercato ma solo ora può farlo perché il rischio di ridenominazione è sparito. Due, tre anni fa non avrebbe potuto ricorrere al QE (quantitative easing) perché c'era il rischio che un Paese come la Grecia sarebbe potuto uscire dall'euro. Adesso il contesto è completamente diverso, la sopravvivenza dell'euro non è più in discussione e i dati macroeconomici sono migliorati rispetto a sei mesi fa, rispetto a un anno fa. Bruxelles non è più un luogo che impone solo austerità. Italia, Spagna e Francia avranno più libertà di movimento. Il ciclo economico mondiale è migliorato. Bisogna sfruttare questa finestra di opportunità. L'orizzonte si è allungato e questo favorisce gli investimenti e consente di rischiare di più. Bisogna agire in fretta perché l'Europa non è fuori dalla crisi: con l'1% di crescita non si creano posti di lavoro e non si finanzia il sistema sociale. Bisogna migliorare la produttività, soprattutto in Italia.

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