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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:26.

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«Intendevamo dare un segnale di forte innovazione e l'abbiamo dato. Anche le cancellerie europee stanno guardando con grande interesse a quello che stiamo facendo». Graziano Delrio è un po' il motore del riformismo di Renzi. Funziona così: il premier lancia la palla lontano e a lui, come sottosegretario di Palazzo Chigi, tocca ricorrerla e metterla in rete. Dai proclami alle realizzazioni, però, non sempre tutto fila liscio.

Sottosegretario, gli annunci sono tanti, tantissimi. Spesso vanno nella direzione giusta. Ma le leggi per ora sono pochine...
Non direi. Tra decreti, disegni di legge e provvedimenti attuativi abbiamo già fatto molto. In alcuni casi siamo arrivati al traguardo, in altri siamo alla fase decisiva. Abbiamo finalizzato il riordino degli enti locali, con il superamento delle attuali province, abbiamo trovato l'intesa e portato in Parlamento la riforma elettorale dopo anni di discussioni, eppoi il progetto del nuovo Titolo V e del Senato. Sui temi più strettamente economici abbiamo approvato l'importante decreto sul lavoro, che il Parlamento sta finalizzando in questi giorni, e abbiamo messo i famosi 80 euro in busta paga a 10 milioni di italiani.

Resta, però, una distanza tra gli impegni e le realizzazioni. Anche nella tempistica. La riforma della Pa annunciata per aprile è di fatto slittata a giugno.
Intendevamo dare velocità e concretezza all'azione di governo e l'abbiamo fatto. Ora tutti si sono appassionati al dibattito su una settimana in più o una in meno. Ma il Paese si è messo in moto. C'è più ottimismo. Certo, non mancano le difficoltà, e stare dietro a un presidente del Consiglio come Matteo Renzi non è facile, ma abbiamo impostato il lavoro in modo corretto.

Tra le difficoltà c'è quella di un Parlamento che non è proprio quello che avreste sognato. A cominciare dai gruppi del Pd, che a volte sembrano all'opposizione.
C'è stata una dialettica, certamente, come è normale che sia. Ma credo che finora sia stata positiva. Non si può accusare il Parlamento di aver rallentato più di tanto. Sul lavoro è stata fatta una mediazione, ma alla fine il risultato è ottimo. Le riforme cambiano equilibri, minano interessi ed eliminano privilegi. È normale che ci sia una tensione. Ma io ho trovato più resistenze fuori dal Parlamento, nelle corporazioni, nei gruppi di interesse, nelle lobby. Queste resistenze mi preoccupano francamente di più.

La Cgil proprio oggi ha criticato la soluzione finale sul decreto lavoro...
Confermo che la soluzione mi pare buona.

Quando parla di resistenze fa riferimento anche ai dirigenti pubblici? La riforma della Pa ha sollevato proteste e rivendicazioni già ai primi annunci.
Certamente, tutti devono partecipare al cambiamento. Noi non vogliamo smantellare lo Stato, ma renderlo più efficiente e amico del cittadino. Abbiamo avviato quello che abbiamo annunciato da tempo. Sono cose di cui si discute da non so quanti anni. Ci sono regolamenti del '99 ancora da attuare. Sull'Economist c'era un bell'editoriale sulla crisi della democrazia che si può combattere soprattutto dimostrando che c'è spazio per una sfera pubblica efficiente che sappia rispondere alle domande dei cittadini e delle imprese. Andremo fino in fondo, non ci faremo condizionare.

Intanto sugli stipendi avete rinunciato a imporre i tetti intermedi che avrebbero inciso duramente sui dirigenti.
Il nostro obiettivo è combattere i privilegi, non le persone, perciò abbiamo ritenuto di limitarci al tetto massimo della retribuzione del capo dello Stato. Un dirigente medico italiano non guadagna più di un suo collega inglese. Mentre alcune alte cariche erano davvero fuori proporzione. Non siamo ossessionati dal tema del denaro. Il problema non è fare tagli e togliere salario. Ma piuttosto di legare i salari alla produttività. Per questo la retribuzione sarà fatta anche da un premio che dipenderà dall'andamento del Pil. Dobbiamo parlarne con Regioni ed Enti locali. Ma questo vogliamo farlo. A palazzo Chigi, intanto, faremo anche una riduzione per fasce molto rigorosa.

Sul sito di Palazzo Chigi, però, non ci sono ancora indicati incarichi e retribuzioni dei nuovi arrivati...
Stiamo facendo una riorganizzazione e dei tagli profondi. Appena è pronto il decreto pubblichiamo tutto.

Fare le riforme e incidere sui privilegi comporta qualche rischio. Va letta anche così la sonora bocciatura fatta dai tecnici del Senato sul decreto per il bonus fiscale?

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