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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2014 alle ore 16:07.

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Un uomo seduto davanti alla Casa dei sindacati dei sindacati di Odessa dopo il rogo del 2 maggio (Reuters)Un uomo seduto davanti alla Casa dei sindacati dei sindacati di Odessa dopo il rogo del 2 maggio (Reuters)

Morire per Odessa? Dopo il rogo del 2 maggio che ha avvolto la Casa dei sindacati di questa grande e vivace città portuale sul Mar Nero, causando 42 vittime e più di cento feriti, l’Ucraina è sull’orlo della guerra civile. Si sta muovendo la diplomazia – tra Mosca e Washington, tra la sede Ue di Bruxelles e Kiev - ma potrebbe essere già tardi. Il governo ucraino ha reso noto che le operazioni militari contro i separatisti filorussi nel sud-est del paese continuano.

Nell’immaginario collettivo russo e ucraino Odessa non è soltanto un importante centro economico, ma anche un forte simbolo storico e culturale. Non a caso l’ex premier ucraina Yulia Tymoshenko, candidata nelle elezioni presidenziali del 25 maggio (sempre che abbiano luogo), vi ha fatto visita all’indomani del venerdì di sangue. Anche il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, è volato domenica ad Odessa per incontrare le autorità locali, promettendo un’inchiesta indipendente e attribuendo a polizia e forze dell’ordine la responsabilità di non aver saputo impedire la tragedia.

Antica colonia greca, poi tatara, lituana e ottomana, infine conquistata e quindi rifondata da Caterina di Russia nel 1794, Odessa diventò nel XIX secolo il primo porto commerciale e la terza città dell’Impero zarista, dopo San Pietroburgo e Mosca. Con la rivoluzione bolscevica fu amministrata dal governo autonomo ucraino, subendo anche occupazioni straniere, prima di entrare a far parte dell’Unione Sovietica nel 1920. Oggi conta più di 1 milione di abitanti e ospita la più importante base navale ucraina. Attualmente il russo è ancora la lingua più parlata a Odessa, ma gli ucraini sono più del 60% dei residenti. Dal 2000 è diventata zona franca e nell’hinterland del porto vi sono raffinerie e impianti per lo stoccaggio di gas e petrolio, industrie metallurgiche e agroalimentari. Un’ampia rete ferroviaria permette il trasporto delle merci verso la Russia e l’Europa.

L'impronta italiana fino al 1917
Odessa conserva un’impronta mediterranea, sia per il clima temperato che per lo stile italiano e francese di molti suoi edifici. E nell’Ottocento la comunità italiana aveva un ruolo significativo nella vita pubblica e commerciale della città: la nostra lingua si era diffusa nel settore degli scambi e delle comunicazioni d’affari.

Poi la rivoluzione del 1917 fece ripartire la maggior parte dei nostri connazionali verso l’Italia o altre città europee. Dall’architetto italiano Francesco Boffo fu costruita anche l’imponente scalinata di pietra, che dal porto sale verso il centro urbano, immortalata nel film muto di Sergej Ejsenstein “La corazzata Potëmkin” (1926), dove una giovane madre, colpita dal fuoco dell’esercito zarista, lascia precipitare la carrozzina giù dai gradini. La pellicola, commissionata dal governo sovietico per il ventennale dell’ammutinamento dei marinai della corazzata Potëmkin nel giugno 1905, è anche uno straordinario esempio del cinema di propaganda. A riprova di quanto il simbolo sia ancora forte, recentemente alcuni filoucraini hanno organizzato un “flash mob” cantando l’inno ucraino proprio sulla famosa scalinata.

Nella storia di Odessa non si possono però dimenticare gli ebrei, vittime dei pogrom, dell’Olocausto e dello stalinismo. Negli ultimi anni è cresciuta l’emigrazione verso Israele e ne sono rimasti poco più di 10 mila, ma nell’Ottocento la comunità ebraica di Odessa (descritta nei racconti di Isaak Babel) rappresentava più di un terzo della popolazione e i due terzi dei mercanti e dei commercianti. A partire dal “pogrom” del 1871, dopo il 1876 e ancora nel biennio 1881-82 Odessa fu teatro di uno dei più terribili episodi di violenza antisemita della storia della Russia.

Come scrive Charles King, docente alla Georgetown University di Washington, nel libro «Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno», da poco pubblicato in italiano da Einaudi, «gli ebrei furono massacrati per strada, in continue esplosioni di odio e di terrore incontrollati».

Durante la Seconda guerra mondiale Odessa fu occupata dall’esercito rumeno, appoggiato dalle forze armate tedesche. Nell’ottobre del 1941, per rappresaglia contro un attentato terroristico, «la comunità ebraica di Odessa – citiamo ancora dal libro di Charles King - in un Olocausto dimenticato fu annientata dal più radicale programma di distruzione bellica, perpetrato da un paese che non era la Germania nazista, bensì la Romania alleata del Terzo Reich». La città venne liberata dall’Armata rossa nell’aprile 1944. L’Ucraina, già Repubblica federata nell’ambito dell’Urss, ha proclamato l’indipendenza il 24 agosto 1991.

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