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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2014 alle ore 07:34.
L'ultima modifica è del 06 giugno 2014 alle ore 18:32.

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Cosa penseranno di me? Come mi giudicheranno? E che succede se sbaglio? Sono solo alcune domande che si affacciano alla mente quando, per qualche motivo, dobbiamo parlare di fronte a più persone. Parlare in pubblico può rappresentare un vero e proprio "blocco" per molti: donne e uomini, giovani e anziani…

L'ansia interessa molti: dallo studente universitario al manager
«Riunioni, meeting, presentazioni: oggi più che mai nel nostro lavoro di psicoterapeuti ci capita di incontrare utenti che incontrano grosse difficoltà quando devono esporsi in pubblico», conferma Rosa Riccio, psicoterapeuta dello Studio Psicologico Corvetto di Milano. «Spesso si tratta di persone che non hanno mai avuto bisogno dell'aiuto di uno psicoterapeuta per affrontare i propri problemi, ma, a un certo punto, hanno la sensazione di scontrarsi con un ostacolo più grande».

Una cosa dunque è certa: esporsi in pubblico, sia davanti a una folta platea, che di fronte a un gruppo più ristretto, costituisce una situazione di stress. Certo, è una questione di intensità. In genere, lo stress è minore per chi è avvezzo al public speaking, mentre cresce per i neofiti.

A volte, spiega l'esperta, le persone sono preoccupate all'idea di parlare in pubblico semplicemente perché non sono abituate a farlo.
Così come le prime volte che guidiamo un'automobile siamo un pò più in tensione e abbiamo paura che qualcosa possa andare storto, ma poi man mano che acquisiamo destrezza cominciamo anche a provare piacere nel guidare...
Allo stesso modo, chi è costretto per ragioni lavorative a presentare, discutere, rendicontare davanti ad altri può inizialmente provare quell'ansia tipica di tutti coloro che si confrontano con qualcosa di nuovo. Poi, quando l'attività del parlare in pubblico diventa costante, probabilmente il livello di ansia diventerà più sopportabile.
Del resto, anche un attore prima di salire sul palco si sente molto agitato ma quell'agitazione non gli impedisce di riuscire a recitare.

Ansia anticipatoria, ecco il problema
Altre volte, invece, l'ansia sembra non andare via nemmeno con la "pratica". In questi casi, il più delle volte, si innescano i meccanismi tipici di quella che comunemente viene definita ansia da "prestazione" o ansia anticipatoria.
«L'ansia che proviamo prima di una prestazione di per sé non è affatto negativa, è una reazione psicofisiologica che ci permette di incanalare nella giusta direzione le nostre energie fisiche e mentali – spiega Rosa Riccio -. Con un'intensità contenuta, l'ansia ci è dunque utile prima di una prestazione proprio per far andar bene le cose».
Quando oltrepassa una certa soglia, invece, l'ansia peggiora la qualità della nostra prestazione e in definitiva ci fa stare male: è ovvio che si tratti di una soglia molto soggettiva.

I "pensieri - tipo" associati al public speaking
L'ansia che più spesso si associa al parlare in pubblico si può tradurre in pensieri come questi: "Il mio discorso non sarà perfettamente comprensibile, gli altri non capiranno o si disinteresseranno, diventerò tutto rosso e gli altri si accorgeranno che sono in ansia, gesticolerò troppo e gli altri penseranno che non sono un bravo comunicatore, si faranno una brutta opinione di me, questa prestazione negativa condizionerà la mia carriera, ecc".

Temere il giudizio degli altri, ecco la paura principale
Parlare in pubblico è di per sé ansiogeno proprio in quanto rappresenta una situazione nella quale siamo più esposti al giudizio degli altri.
Il problema insorge, in particolare, quando abbiamo davanti un pubblico numeroso e costituito da persone poco conosciute. Non abbiamo certezza che gli altri si formeranno di noi un'immagine positiva, e in questo caso, come sempre accade, a giocare un ruolo importantissimo saranno due elementi: da un lato le aspettative (positive o negative) che abbiamo nei confronti degli altri (e del loro giudizio), e dall'altro, soprattutto, l'idea che abbiamo di noi stessi come persone capaci (o incapaci) e competenti (o incompetenti).

Non facciamoci condizionare da noi stessi
In altre parole, quando non abbiamo molti elementi per prevedere come gli altri ci giudicheranno, ci rifacciamo a quelli che sono i nostri consueti schemi mentali.
Se, nonostante i successi, i risultati positivi che ho ottenuto nella mia vita e i riconoscimenti che ho avuto, io non sono perfettamente soddisfatto di me, ma mi vedo come una persona non del tutto adeguata, probabilmente mi aspetterò che gli altri prima o poi se ne accorgano e dunque potrei fare più fatica ad affrontare le occasioni di public speaking.

Non solo: se l'idea che ho di me non è del tutto soddisfacente, farò molta più fatica a digerire l'insuccesso rappresentato da un'esposizione in pubblico non perfettamente riuscita e (ecco il circolo vizioso) la volta successiva sarò ancora più in ansia.
«Nel lavoro terapeutico con le persone che hanno difficoltà a parlare in pubblico – spiega la psicoterapeuta Rosa Riccio - è dunque centrale approfondire gli schemi e le credenze che i pazienti hanno su sè stessi e sugli altri, comprendere a fondo qual è l'origine di questi schemi così da "disimpararli" e "impararne" di nuovi. Altrettanto centrale è trovare dei modi per gestire la paura del pubblico prima, durante e dopo».

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