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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2014 alle ore 10:38.
L'ultima modifica è del 15 maggio 2014 alle ore 13:10.

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Tayyip Erdogan in visita a Soma (Ap/LaPresse)Tayyip Erdogan in visita a Soma (Ap/LaPresse)

Sono saliti a 282 i morti causati dall'esplosione di martedì nella miniera di carbone di a Soma in Turchia. Lo ha fatto sapere il ministro dell'Energia Taner Yildiz, questa mattina. Secondo l'azienda proprietaria dell'impianto, 450 lavoratori sono stati messi in salvo. Ma a quasi due giorni dall'esplosione e dall'incendio che si è scatenato nelle gallerie della miniera, dove si trovavano centinaia di operai, le speranze di trovare dei sopravvissuti sono esilissime.

Le autorità hanno spiegato che a Soma ci sarebbero ancora almeno novanta minatori intrappolati in profondità. «Non abbiamo recuperato minatori in vita nelle ultime 12 ore», ha sottolineato lo stesso ministro Yildiz , precisando che alcune gallerie della miniera a centinaia di metri di profondità, sono ancora inaccessibili alle squadre di soccorso. Secondo altre stime potrebbero essere più di 400 i minatori morti nell'incidente, uccisi dal monossido di carbonio e dal crollo della struttura. Ieri il premier Recep Tayyip Erdogan è stato duramente contestato per la tragedia che molti considerano "annunciata", date le condizioni di lavoro e i drastici tagli sui costi dell'estrazione. Ad Ankara la polizia ha lanciato lacrimogeni per cercare di disperdere migliaia di manifestanti, scesi in strada per protestare contro il governo. Erdogan, arrivato nel pomeriggio a Soma, è stato accolto con urla e fischi dalla folla, la sua auto è stata presa a calci e il primo ministro turco si è dovuto rifugiare in un supermercato, spinto dalle guardie del corpo.

Tutto il Paese è in lutto e sotto shock. I sindacati hanno proclamato uno sciopero di protesta che è iniziato questa mattina. Ci sono già state manifestazioni di protesta e violenti scontri con la polizia attorno a Kizilay ad Ankara e nelle strade attorno a Taksim a Istanbul. «A Soma non è stato un incidente, ma un massacro della privatizzazione», ha denunciato il segretario del Partito dei Lavoratori Hasan Basri Ozbey. I sindacati puntano il dito contro le privatizzazioni attuate dal governo, a beneficio - dicono - di imprenditori amici. Secondo il giornale Hurriyet, il proprietario della miniera di Soma, si sarebbe vantato nel 2012 di avere ridotto da 130 a 24 dollari il costo di una tonnellata di carbone dopo la privatizzazione. «Quelli che nell'ambito della politica delle privatizzazioni mettono in pericolo la vita dei lavoratori in nome della riduzione dei costi sono colpevoli del massacro di Soma e ne devono rispondere», si legge in un comunicato pubblicato sul sito web del Kesk, la confederazione turca dei sindacati dei dipendenti pubblici .

Solo un mese la maggioranza guidata dal Partito islamico Akp di Erdogan aveva respinto la proposta dell'opposizione che chiedeva una commissione d'inchiesta sui troppi incidenti registrati a Soma. Le autorità avevano condotto quattro ispezioni nella miniera negli ultimi due anni, elogiando i dispositivi di sicurezza. Ma nella miniera due giorni fa dopo l'esplosione di un trasformatore, i sistemi di sicurezza non hanno funzionato. Un black-out elettrico ha bloccato gli ascensori, l'incendio non ha potuto essere spento, la ventilazione non ha funzionato.

Quello di Soma è il peggiore disastro industriale nella storia della Turchia moderna. Ha superato per gravità e numero di vittime il disastro avvenuto nel marzo del 1992, in una miniera di carbone di Zonguldak sul Mar Nero, quando morirono 272 operai in un incendio causato da una fuga di gas. La Turchia di Erdogan è il Paese dell'area europea con il tasso più alto di incidenti industriali. Erdogan ha cercato di calmare le proteste promettendo una inchiesta che «farà luce fino in fondo» su quanto accaduto a Soma. Ma ha anche detto che i disastri nelle miniere sono «usuali», citando le stragi del passato in miniere in Europa, Cina e Usa. Le autorità turche hanno respinto le offerte di aiuto venute da diversi Paesi - tra i quali anche Italia, Usa, Grecia, Germania, Francia, Polonia, Israele e Iran - come pure dall'Unione europea. La direzione disastri Afad ha detto di non avere bisogno di aiuto.


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