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Cina vs Asia / Quei mari orientali agitati che cominciano a spaventare il mondo

I contenziosi territoriali che rischiano di provocare conflitti armati e iniziano a danneggiare l'economia globale

1. Cina vs Asia / Pechino vuole tutto

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I mari dell'Asia orientale e sud-orientale sono diventati un focolaio di tensioni politiche internazionali, in quanto molte delle loro isole sono oggetto di contenziosi territoriali che coinvolgono numerosi Paesi dell'area regionale.

In particolare, di recente la crescente assertività della Cina nelle sue rivendicazioni degli spazi marittimi e aerei – parallela all'aumento della sua potenza economica e militare – sta facendo diventare l'area regionale una delle zone del mondo potenzialmente più pericolose e inizia a provocare i primi segnali di una destabilizzante corsa agli armamenti. Sono controversie che possono fare anche di isolette disabitate o atolli sommersi e sconosciuti un problema grave per il mondo intero e per l'economia globale.

- Nel Mar Cinese orientale il contenzioso è tra Cina e Giappone sulle Isole Senkaku/Diaoyu e rischia di coinvolgere direttamente gli Stati Uniti.

-Nel Mar Cinese Meridionale i contenziosi sono multipli e spesso incrociati: coinvolgono ben sette Paesi: Cina, Vietnam, Filippine, Taiwan, Indonesia, Malaysia e Brunei. Si concentrano soprattutto su due gruppi di isole: Paracel e Spratly. Mentre le prime sono di fatto controllate dalla Cina, le seconde _ pur essendo anch'esse a prevalente controllo di Pechino - vedono la presenza di altri Paesi: essendo piccole e disabitate, le questioni di sovranità sono necessariamente complicate.

La posta in gioco non riguarda certo solo le risorse ittiche, ma va dallo sfruttamento di potenziali vasti giacimenti di gas e petrolio fino al controllo strategico delle rotte da cui passa una parte ingente del traffico commerciale mondiale. Riguardano quindi il mondo, oltre che più direttamente altre potenze come gli Stati Uniti (che proprio in Asia definiscono sempre più il loro ruolo di superpotenza globale e di guardiani della libertà dei mari) o l'India (il cui affacciarsi nella zona incontra le obiezioni della Cina).

Gli attriti sono determinati soprattutto dal fatto che la Cina rivendica la sua giurisdizione su quasi tutta l'area marittima, considerata molto ricca di risorse naturali (circa 11 miliardi di barili di petrolio e 190mila miliardi di piedi cubici di gas, secondo le stime della Us Energy Information Administration). Da questo mare passano ogni anno merci e commodity per un valore di oltre 5mila miliardi di dollari, tra cui oltre tre quarti delle importazioni di petrolio verso Cina, Giappone, Corea e Taiwan.

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