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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2014 alle ore 18:52.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2014 alle ore 18:54.

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Sì a un ridimensionamento dei super-incentivi al solare fotovoltaico, anche con misure retroattive. Utilizzando i risparmi non solo per alleggerire le bollette energetiche degli italiani (come vuole fare il Governo) ma anche per finanziare una nuova spinta all'efficienza energetica. Via libera dunque a un nuovo piano nazionale per i trasporti collettivi, specie nelle grandi città. E largo ai condizionatori a pompa di calore nelle abitazioni, abolendo (come del resto promette di fare l'Authorithy dell'energia con il beneplacito del Governo) la fortissima progressività delle nostre tariffe, che ora ci induce a limitare i consumi anche quando il ricorso all'elettricità anziché al gas o al gasolio ci farebbe risparmiare.

È destinata a creare non poche frizioni tra le associazioni ambientaliste la ricetta sugli incentivi "verdi" che verrà presentata oggi dagli Amici della Terra, storica associazione che si dissocia apertamente dalla difesa dei cospicui benefici garantiti negli scorsi anni agli impianti fotovoltaici ed eolici. Che secondo l'associazione andrebbero anzi chiamati ad un "contributo compensativo" per restituire una parte dei benefici ricevuti. A sostegno - insistono gli Amici della Terra - di una radicale revisione delle priorità e degli strumenti di sostegno dell'economia verde, privilegiando appunto le soluzioni e le tecnologie per l'efficienza energetica ma anche un potenziamento degli incentivi ad altre fonti verdi che secondo l'associazione hanno un potenziale colpevolmente sottovalutato: ad esempio le rinnovabili termiche (recupero di calore nei processi industriali, teleriscaldamento, solare termico).

Gli inganni della Ue
La correzione di rotta è più urgente di quel che si crede, incalza l'associazione contestando i messaggi rassicuranti che vengono dalle istituzioni. Il presunto taglio delle nostre missioni del 16% rispetto al 1990 certificato dalla Ue che attribuisce gran parte dei risultato al progresso delle fonti rinnovabili? Un inganno, un effetto distorto – si afferma - dei criteri fuorvianti indicati dalla stessa Unione europea sia per il taglio delle emissioni che per gli obiettivi di efficienza energetica.

La verità? Combinando correttamente gli indici sulla produzione interna con quelli sulla delocalizzazione di molte nostre attività produttive tra quelle più energivore, sull'uso complessivo delle componenti energetiche e sulle emissioni emerge invece «con chiarezza - si sostiene nello studio - che il principale fattore dei risultati ottenuti tra il 2008 e il 2012 nelle politiche energetico-ambientali è stata la crisi economica, che ha determinato il contenimento delle emissioni di gas serra per il 46,3%, il secondo è stato il miglioramento dell'efficienza energetica che ha contribuito per il 31%, per un impatto doppio rispetto a quello della crescita delle rinnovabili, che ha contribuito per il 16,7% mentre il 6% della riduzione deriva da processi di emissione non energetici».

Il messaggio è chiaro: ciò che si investe in efficienza ha prodotto e produce assai di più di quello che abbiamo malamente investito finanziando istallazioni speculative che oltretutto, come stranoto, hanno sostenuto prevalentemente l'import di apparati costruiti all'estero senza promuovere la creazione di una filiera industriale nazionale. Ignorando nel frattempo che «il driver fondamentale per conseguire una decarbonizzazione virtuosa coerente con una crescita dell'economia, è il miglioramento dell'efficienza energetica in cui la riduzione dei consumi di energia sia espressione di aumento di competitività e ricchezze non di crisi e impoverimento».

Guai, si affrettano a precisare gli amici della terra, a frenare l'impegno sulle energie rinnovabili. Ma serve una drastica correzione di rotta ridefinendo – insistono - quel che è più conveniente e quel che invece disperde risorse. Occorre dunque concentrare al massimo lo sforzo per sostenere un obiettivo delle rinnovabili termiche del 35% al 2030 rispetto al 14,5% di oggi. E la strada giusta potrebbe essere quella di una combinazione tra incentivi, regolazione e riqualificazione energetica degli edifici . Nel frattempo serve una «cessazione immediata degli incentivi per i grandi impianti eolici e per gli impianti di sola produzione di elettricità ai fini commerciali».

Tassare le extra-rendite
Ed ecco la proposta rovente, destinata a raccogliere non poche critiche. Bisogna introdurre – chiedono gli Amici della terra - una «tassazione delle rendite di cui hanno beneficiato gli impianti di produzione di rinnovabili elettriche realizzati nell'ultimo decennio». Una misura che potrebbe dare un «possibile gettito nell'ordine minimo di 1 miliardo all'anno», da destinare proprio «al rafforzamento degli strumenti di incentivazione per la promozione dell'efficienza energetica».

I risultati più consistenti in rapporto alle risorse da mobilitare potranno venire, secondo l'associazione ambientalista, dal settore residenziale. «Effettuando gli interventi di riqualificazione energetica sul 4,5% all'anno degli edifici costruiti prima del 1991 è possibile raggiungere un risparmio di circa 8,7 megatep rispetto ai consumi del 2010 (31,67 Mtep)». Gli interventi e gli incentivi degli anni passati? Giusti, ma bisogna accelerare. Rendendo innanzitutto «permanenti le detrazioni fiscali per la riqualificazione edilizia e il risparmio energetico almeno fino al 2030» distribuendo la detrazione «in un numero di rate annuali più basso rispetto agli attuali 10 anni». Le famiglie sicuramente gradiranno.

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