Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2014 alle ore 16:14.

My24

Filippo Inzaghi divenne "Superpippo" la sera del 23 maggio del 2007, quando con la sua doppietta stese il Liverpool e regalò ai tifosi del Milan la gioia per la conquista della Champions League. La seconda dei rossoneri con lui a dettare i ritmi davanti la porta avversaria. Attaccante di intuito e di malizia più che di potenza, Inzaghi è stato uno dei migliori calciatori italiani d'esportazione. E' sul podio della classifica Uefa che conta le reti realizzate in competizioni internazionali per club. Oggi è secondo a quota 70 gol dietro soltanto allo spagnolo Raul (77), ma presto, probabilmente già tra qualche mese, potrebbe lasciare il posto ai due funamboli del calcio contemporaneo, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, che seguono arrembanti a 68 centri. E poi, campione tra i campioni, è stato tra i protagonisti della cavalcata trionfale degli azzurri al mondiale di Germania 2006. Suo il gol che chiuse la gara contro la Repubblica Ceca nella fase a gironi.

Tutto ebbe inizio per lui nelle giovanili del Piacenza a uno sbadiglio dagli anni Novanta. Inzaghi, già Pippo ma privo ancora dei superpoteri che lo consegnarono alla storia del pallone internazionale, conquistò la fiducia dell'allora tecnico della prima squadra biancorossa, Gigi Cagni, per quella determinazione senza riserve che gli si leggeva negli occhi quando gli veniva concessa la possibilità di mostrare il suo valore in campo. Filippo è nato il 9 agosto del 1973 sotto il segno del Leone, come Javier Zanetti, bandiera senza tempo dei cugini neroazzurri. Ha volontà da vendere e una voglia di arrivare che produce entusiasmo, per sé e per chi gli sta intorno. Cagni fa in fretta a capire che ha tra le mani un predestinato e lo butta nella mischia il 28 agosto del 1991, in occasione di una gara della Coppa Italia. Per Inzaghi, è la "prima" tra i professionisti. In quella stagione, tornerà in campo tra i "grandi" in altre due occasioni. Era la Serie B, semaforo verde alla gavetta.
Da allora, cominciò a macinare gol a grappolo. Prima al Leffe in C1, poi al Verona e al Piacenza in B. Inzaghi segna, Inzaghi piace, Inzaghi costa. Il Parma di Nevio Scala lo fa suo nell'estate del 1995 per poco meno di 6 miliardi di lire. Non gioca da titolare, ma trova il modo di farsi voler bene dalla tifoseria dei ducali, che accoglie tra le lacrime la notizia del brutto infortunio (il primo di una lunga serie) che costringe l'attaccante a rimanere ai box per tre mesi. L'anno dopo, è già primato. Passato all'Atalanta, finisce il campionato di A al vertice della classifica cannonieri: 24 gol in 33 gare. Ecco il giocatore che regalerà gioie infinite alla Nazionale, si dirà. E i conti tornano. La Juventus lo compra in cambio di 20 miliardi. Farà coppia con il beniamino degli appassionati bianconeri, Alex Del Piero. Per il tecnico Marcello Lippi, la coppia produrrà fuochi d'artificio. Avrà ragione. Nei tre anni al servizio della Vecchia Signora, Inzaghi farà centro complessivamente 89 volte in 165 partite. Tanta, tantissima roba, ma incassa appena uno scudetto, una Supercoppa italiana e una Coppa Intertoto. Nel frattempo, viene anche invitato a lasciare l'Under 21 azzurra per aggregarsi alla rappresentativa Senior guidata da Cesare Maldini. Il cerchio che si chiude.

Il tempo di passare al Milan in un'operazione che porta nelle casse bianconere una montagna di quattrini (40 miliardi più il cartellino di Christian Zenoni, valutato 30), e Inzaghi sale sul trono d'Europa. Storia della Champions League 2002-03. L'attaccante rossonero sparge reti nel corso di tutto il torneo (alla fine saranno ben 10) e poi si scontra in finale con la Juve del vecchio compagno di avventure Del Piero. Ha la meglio lui, Pippo, anche se decide di fare un passo indietro quando il tecnico dei diavoli Carlo Ancelotti gli chiede di prendere parte al valzer dei rigori che decreteranno la squadra vincitrice. Ha la meglio il Milan, che come già ricordato si ripeterà 4 anni più tardi. Inzaghi cade spesso ma si rialza senza mai costruire romanzi. Anche nel corso della sua lunga militanza da calciatore alle dipendenze della famiglia Berlusconi (in totale, 11 stagioni), Superpippo è vittima di numerosi infortuni che ne limitano la presenza in campo. Salterà per acciacchi vari quasi completamente tre-stagioni-tre. Eppure, quando torna, fa capire che c'è e non ha alcuna voglia di alzare bandiera bianca. Fino all'ultimo. Il 13 maggio del 2012 toglie il disturbo tra gli applausi di tutto il calcio italiano. Tocca quota 300 gare in rossonero e mette in mostra i gioielli raccolti con il Milan. Due Champions, due Supercoppe europee, una Coppa del mondo per club, due scudetti, una Coppa italia e due Supercoppe italiane. Un forziere da fare invidia ai grandi di ogni epoca.

E se da calciatore ha incantato il mondo a suon di gol, sia con le squadre di club sia con le divise della Nazionale maggiore (ma quanta tristezza per non essere stato scelto per la finale dell'Europeo del 2000), Filippo Inzaghi ha dimostrato di essere un numero uno anche in panchina. Poche settimane dopo aver detto addio al calcio giocato, l'ex attaccante del Milan ha risposto presente alla chiamata del presidente Berlusconi e si è messo alla guida degli Allievi nazionali rossoneri, che ha portato alle fasi finali del campionato. Dodici mesi dopo era già alla guida della Primavera del diavolo, con la quale ha vinto il Torneo di Viareggio. Lo scorso gennaio, la tentazione. Il Sassuolo del patron Squinzi gli propone di guidare la squadra toscana fuori delle secche della bassa classifica, ma pur con qualche mugugno sceglie di non accettare. Perché Adriano Galliani, il suo mentore, lo invita a non lasciare il Milan e ad avere pazienza, promettendogli che presto o tardi sarebbe arrivato il suo momento nel calcio dei grandi. Sono passati meno di sei mesi e ciò che era di Clarence Seedorf ora è suo. Finalmente suo.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi