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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2014 alle ore 21:16.
L'ultima modifica è del 05 giugno 2014 alle ore 10:30.

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Poi una serie di passaggi ulteriori, con una nuova tornata di "indagini tecniche" condotte sempre dalla Sogin, che avrà poi a disposizione ulteriori nove mesi di tempo per procedere all'aggiornamento "finale" della mappa delle aree considerate in grado di ospitare il deposito. Infine, se davvero si potrà traguardare una fine, si tenterà la strada della consultazione con i rappresentanti dei territori frutto dell'ultima selezione, tentando un negoziato, magari grazie (azzarda qualcuno) alla promessa di affiancare a deposito un centro di ricerca sulle tecnologie energetiche e ambientali che catalizzi prestigio e soprattutto un po' di lavoro e di business per le comunità locali. Il via libera dovrà venire in ogni caso dalla Regione. A quel punto il progetto del deposito potrà ufficialmente nascere con un decreto che dovrà essere siglato da una folta compagine di ministeri: Sviluppo economico, Ambiente, Infrastrutture, Istruzione e Ricerca.

Corsa a ostacoli
Missione ardua? Di più. Non sarà solo un problema di tempi, inevitabilmente lunghi: non meno di quattro anni dalla pubblicazione ufficiale dei criteri Ispra solo per arrivare alla soglia della proclamazione ufficiale del sito. Mettendo in fila i primi vincoli individuati dall'Ispra la missione diventa quasi impossibile. Perché incrociando le caratteristiche del nostro territorio con gli infiniti criteri di esclusione già individuati (criteri "minimi" e dunque ulteriormente integrabili in senso restrittivo, specifica oltretutto l'Ispra) emerge un segnale già chiaro: la maggior parte dell'Italia sarà tagliata fuori sin dall'inizio. Intere regioni probabilmente non dovranno neanche adoperarsi per evitare di cadere nella mappa. E, c'è da giurarci sin d'ora, gli amministratori locali delle zone selezionate avranno, o comunque tenteranno di avere, buoni margini per alzare nuove barricate, potendo contare su qualche provvidenziale (per loro) aiutino.

A frenare la volata finale del deposito potrà certo aiutare la ben nota confusione di poteri tra Stato e amministrazioni locali. Sempre che non arrivi davvero, e mostri di funzionare, l'ennesimo decreto "sblocca Italia" ora annunciato da Matteo Renzi. Ma nel frattempo qualche buona carta da giocare potrebbe venire dagli stessi criteri che l'Ispra si prepara a partorire ufficialmente.

Auto-escludere a priori e sin d'ora intere regioni? Ci sta provando ad esempio la Sardegna, con tutti i prevedibili rischi di contenzioso con lo Stato a colpi di Consulta. Certo è che nell'intricata legislazione concorrente tra Stato centrale e amministrazioni locali, oggetto di mille annunci di revisione proprio perché negli ultimi vent'anni ha dimostrato di creare più guasti che vantaggi, ci si domanda ad esempio cosa impedirà alle amministrazioni locali di sottrarre dalla mappa le eventuali aree papabili sottoponendole, magari con procedura accelerata, a vincoli paesaggistici o ambientali. O magari promuovendo quelle "produzioni agricole di particolare qualità è tipicità" che ricadono nei criteri di esclusione indicati dall'Ispra.

Trappole normative
Ma qualcuno potrebbe persino giocare sulle nebulosità mostrata anche dall'ultima versione dei criteri definiti dall'Ispra (che in queste ore potrebbe comunque avere qualche limatura finale). Prendiamo il parametro logistico fondamentale di qualunque insediamento: l'accessibilità. Bene, anzi male. Perché la bozza riservata dei criteri Ispra dispone contemporaneamente, forse a causa di una distrazione che potrebbe essere sanata nell'ultimissima versione da pubblicare, due cose che non sarà facilissimo conciliare.
Tra le aree da escludere a priori vengono indicate quelle «che siano a distanza inferiore a 1 km da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari».

Perché – viene spiegato – occorre «tener conto dell'eventuale impatto sul deposito legato a incidenti che coinvolgono trasporti di merci pericolose (gas, liquidi infiammabili, esplosivi, ecc.. )». Ma tra i criteri "di approfondimento", cioè quelli che secondo l'Ispra devono essere attentamente verificati per stabilire oltre ai criteri di esclusione anche i requisiti vincolanti, c'è al contrario la «disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto», in quanto – viene spiegato con altrettanta sicurezza – «la presenza di infrastrutture (quali ad esempio autostrade, strade extra urbane principali e ferrovie fondamentali e complementari, ecc...) consente di raggiungere più agevolmente il deposito, minimizzando i rischi connessi ad eventuali incidenti durante il trasporto dei rifiuti radioattivi». Insomma, servono strade abbastanza lontane ma abbastanza a disposizione. Un bel rebus.

AGGIORNAMENTO - L'ISPRA ha appena pubblicato ufficialmente i criteri di localizzazione del deposito nucleare

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