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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2014 alle ore 07:58.
L'ultima modifica è del 05 giugno 2014 alle ore 07:35.

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Le reazioni
Da stamattina è stato tutto un susseguirsi di reazioni, politiche e no.«Un altro episodio che dimostra che la corruzione è un cancro non estirpato: occorre che la magistratura proceda, ma è anche importante l'attività di controllo e di prevenzione», ha commentato Felice Casson, già magistrato a Venezia e senatore del Pd. «L'inchiesta Mose delinea un inquietante sistema di intrecci e corruzione – ha detto il sindaco di Vicenza Achille Variati – Questa è una delle molte ragioni per cui dopo vent'anni è evidente la necessità di cambiare il governo della regione».

«Se ci sono corruzione e riciclaggio paghino i colpevoli ma non si criminalizzi il Veneto», esorta il segretario della Lega Matteo Salvini. «Non possiamo ancora dare una lettura politica. Mi auguro che i magistrati abbiano agito con tutte le tutele del caso, visto che siamo anche alla vigilia di importanti ballottaggi in tutta Italia» è il primo commento di Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia, mentre Daniele Capezzone ricorda che «vale sempre la presunzione di innocenza. Perché la custodia cautelare?».

Sulla questione è intervenuto anche il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, affermando di essere il primo ad avere interesse che l'indagine in corso accerti le eventuali responsabilità di singoli, che se acclarate vanno punite con la severità prevista dalla legge. «Tutti diano la massima collaborazione in tale senso». Per Lupi, però, «il totale rinnovamento dei vertici del Consorzio Venezia Nuova relega eventuali colpe a gestioni del passato che non devono rallentare o compromettere l'ultimazione dell'opera».

Due sono le riflessioni che vengono spontanee», commenta il presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato: «La prima è che come Paese non possiamo più permetterci scandali e figure come questa di fronte al mondo. Non è possibile che in Italia tutti i più grandi appalti abbiano lati oscuri che emergono solo anni dopo. È necessaria una profonda opera di pulizia nella politica ma anche nell'imprenditoria: chi ruba e corrompe altera il libero mercato e fa il male dell'Italia, e quindi di tutti noi. La seconda è che la logica dell'emergenza porta sempre allo sfascio: nel nostro Paese ritardi e burocrazia costringono a fare le cose con iter poco chiari, che spesso seguono percorsi non lineari. Serve una rivoluzione su questo fronte: meno norme, tempi certi, responsabilità chiare e riconoscibili per ciascun atto. Ora sia fatta chiarezza fino in fondo: chi ha sbagliato – e verrà condannato in via definitiva - paghi davvero e sia tenuto definitivamente distante dalla gestione della cosa pubblica. Aggiungo un'ultima considerazione: la costruzione del Mose vada avanti spedita. Non cadiamo in un altro tipico errore italiano: confondere i fenomeni corruttivi con l'utilità di un'opera o di un evento, come fatto da qualcuno anche con Expo. Gli errori vanno puniti ma le opere necessarie vanno portare a termine».

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