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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2014 alle ore 11:07.
L'ultima modifica è del 04 giugno 2014 alle ore 12:01.

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È l'appuntamento più atteso da mesi. La Banca centrale europea ha di fatto annunciato a maggio che, nella sua riunione di giovedì 5 giugno prenderà nuove misure contro la disinflazione. Il dato sull'inflazione di maggio, calata allo 0,5% con un indice core, di fondo, sceso fino allo 0,7% ha tolto ogni dubbio residuo: le nuove proiezioni dello staff della banca centrale non potranno più raccontare che a fine 2016 i prezzi cresceranno a un ritmo dell'1,7% annuo, tutto sommato accettabile. Sarebbe una grande sorpresa, allora, se il board continuasse ad aspettare.

Dati molto deludenti
Anche altri dati sono stati deludenti. La massa monetaria si muove ormai molto lentamente: la misura più ampia, M3, è cresciuta a maggio dell'1%, contro una media pre-crisi del 7,1% e quella più stretta, M1, è salita del 5,2%, contro una media pre-crisi del 9,7%. Il credito continua a calare, sia pure a un ritmo lievemente più lento (-3,1% quelli alle imprese non finanziarie) rispetto al passato. Gli indici di attività (detti di fiducia) sono infine peggiorati a maggio, pur segnalando ancora espansione dell'attività: il Pmi-Markit manifatturiero (a 52,2) è ai minimi da sei mesi, mentre il composito, pur in calo, si mantiene a livelli relativamente elevati (53,5 da 54 di aprile).

Le attese del mercato
Le attese su cosa farà l'Eurotower sono molto precise. Innanzitutto dovrebbe tagliare i tassi di interesse "ufficiali", che attualmente sono però allo 0,25% e non potranno quindi che calare allo 0,10%: una flessione davvero minima. Sembra quasi scontato – se non altro per ragioni tecniche - che parallelamente scenderanno sotto zero (al -0,10%) i tassi sui depositi che le banche detengono alla Banca centrale: le aziende di credito dovranno quindi pagare, invece di ricevere un rendimento, per la risorse detenute alla Bce. Sono inoltre attese nuove iniezioni di liquidità a lungo termine, in modo probabilmente – e sperabilmente – massiccio, condizionate però alla concessione di prestiti alle aziende. Non è esclusa nuova enfasi, in conferenza stampa, sugli Abs, di cui la Bce – e la Bank of England di Londra – vorrebbe incentivare la diffusione.

Terra incognita
La Bce entra così in un territorio sconosciuto e il fatto solo di innovare così tanto dovrebbe plasmare le aspettative dei mercati, spingendoli nella direzione "giusta". La liquidità condizionata è così tutta da scoprire: il principio è buono ma c'è il rischio – tipico della politica monetaria – di portare acqua a un cavallo che non vuole bere. Se è vero che gli standard di concessione del credito sono rigidi e una misura del genere permetterebbe di renderli più flessibili, è anche vero che la domanda è relativamente bassa. Il rubinetto della liquidità, questa volta, dovrebbe però restare aperto a lungo, e non fornire risorse in occasione di una o poche aste. In questo senso, la nuova iniziativa dovrebbe accompagnare tutta la ripresa di Eurolandia.

La novità dei tassi negativi…
Più noti, per essere stati adottati da alcune piccole economie come la Svezia, la Danimarca e la Svizzera, sono i tassi negativi. La Bce ne è stata a lungo quasi spaventata, pur studiandone pragmaticamente effetti e controindicazioni. Da tempo è tecnicamente pronta. L'esperienza delle altre banche centrali permette di sperare innanzitutto in una flessione dell'euro – i mercati sono già "predisposti" perché questo avvenga – che rappresenta un po' l'obiettivo, anche se la Bce non userà mai questo linguaggio. Si spera che i tassi negativi – per quanto "poco" negativi – possano abbassare tassi a breve di mercato come l'Eonia che si colloca in genere nel corridoio tra il tasso sui prestiti marginali, oggi allo 0,75%, e quello sui depositi, e vicino al tasso principale di rifinanziamento. Così è avvenuto in Danimarca, ma non in Svezia nel 2012 dove però sono state prese misure specifiche per evitare questo effetto. L'unica perplessità è – come ricorda Ebrahim Rahbari di Citigroup e il suo team in una recente ricerca – che l'euro in questa fase è poco sensibile ai differenziali tra i tassi di interesse: anche abbassando il costo del credito a breve, il risultato potrebbe non essere sufficiente a far indebolire il cambio.

…e i suoi rischi
I rischi sono due: quello di alterare il funzionamento del mercato interbancario imponendo un corridoio troppo piccolo tra i tre tassi della Bce (anche per questo motivo il tasso principale, di rifinanziamento, sarà portato allo 0,10% e non a quota zero), e quello di spingere le banche a scaricare gli oneri sui clienti. La prima preoccupazione potrà essere affrontata con nuove operazioni di liquidità (la quale è però determinata soprattutto dalla domanda delle banche, verso la quale la Bce è relativamente passiva). La seconda preoccupazione, espressa dallo stesso Draghi in passato, svanisce in gran parte se si pensa che i depositi presso la Bce sono lo 0,000001% degli assets delle banche europee e l'effetto sui clienti sarà limitato. Anche per questo motivo sono scomparse le perplessità della Bundesbank: il peso di questa misura ricadrebbe innanzitutto sulle banche tedesche, che hanno più depositi di altre alla banca centrale, ma è un peso davvero leggero.

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