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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 08:15.

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La figura di Walesa è centrale, nella sua autonomia e testardaggine, e nei suoi limiti e pregi di espressione di una classe e di una storia, non è un Cola di Rienzo o un Masaniello ma è davvero, fuor di retorica, un «eroe del lavoro» dentro un contesto politico dove la persuasione e l'astuzia (la colomba e il serpente) non possono non coesistere, sono entrambe necessarie e anzi indispensabili all'affermazione di un progetto. E si perdonano volentieri a Wajda alcune scorciatoie o alcune insistenze. La sola cosa che ci si azzarda a rimproverargli è il finale, quando, senza soluzione di continuità perché di non-soluzioni è fatto il film, vediamo per la prima volta il vero Walesa, nel contesto del congresso statunitense. Ci sembra una soluzione "americana" poco convincente. Dopo la resistenza alla forzata sovietizzazione della Polonia, ci aspettavamo (e ci aspettiamo) da Wajda che egli in qualche modo affronti racconti la subdola americanizzazione anche del suo Paese.
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