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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2014 alle ore 09:40.

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Com'è andata la partita di Gara 6 tra EA7 Milano e Banco di Sardegna Sassari? Semplice, non c'è stata partita. Sono bastati poco più di venti minuti di Olimpia vera per distruggere i sogni di Meo Sacchetti e dei suoi giocatori; sono bastati poco più di venti minuti per accumulare fino a 26 punti di vantaggio, con un dominio a rimbalzo pressoché totale (a fine partita saranno 42 a 18 per Milano); sono bastati poco più di venti minuti per far capire quanto di straordinario abbiano fatto Meo Sacchetti e suoi per trascinare la serie fino a Gara 6 contro una squadra che, se gioca al suo meglio, è inarrestabile per qualsiasi avversario del campionato italiano. Conta poco il risultato finale (75-96) perché il secondo tempo è stata quasi una passerella, con i tentativi di recupero di Sassari stroncati sul nascere.

Gli stessi venti minuti sono anche serviti per trovare conferma allo scempio che finora Milano ha fatto della propria superiorità: una squadra così non può arrivare a Gara 5 contro Pistoia, non può arrivare a Gara 6 contro Sassari, non può perdere due partite su tre in casa contro la stessa Sassari. Non può suicidarsi, sempre contro i sardi, nella prima partita delle Final Eight di Coppa Italia. E arriviamo anche a dire che una squadra così non può perdere un'occasione irripetibile come quella dell'Eurolega, con un Maccabi che al di là del risultato finale delle Final Four era abbondantemente alla portata dei milanesi: nella prima partita contro Tel Aviv Banchi e i suoi hanno buttato al vento una gara già vinta.

Inutile piangere sul latte versato, meglio guardare avanti e cogliere quanto di buono visto ieri. A Milano mancava Hackett, bloccato da un infortunio alla schiena: si spera di recuperarlo per l'inizio delle finali in programma a partire dal 15 giugno. Ma l'assenza non si è sentita: non tanto per l'esordio di Deane, il play di riserva che di fatto ha giocato pochissimo, quanto per la capacità di Jerrels, Langford e Gentile di prendere in mano le redini del gioco alternandosi in regia. Una ulteriore dimostrazione di forza da parte dell'Olimpia che ieri sera ha trovato il giusto apporto da parte di ogni giocatore sceso in campo. Lawall in particolare è stato dominante, con rimbalzi e schiacciate, e anche in questo caso è stato difficile riconoscere in lui il panchinaro senza speranza visto negli ultimi tempi, con i pochi minuti che gli venivano concessi da Banchi giocati in modo disastroso. Ieri ha ricambiato la fiducia del coach con 17 punti, 8/9 al tiro e 8 rimbalzi, ma soprattutto una presenza costante nel gioco su entrambi i fronti: giocasse sempre così...

Milano adesso trova Siena in una finale che è l'ottava consecutiva per i toscani e la quarta in sei anni per i milanesi dopo l'arrivo di Giorgio Armani: ma questa volta, almeno sulla carta, i rapporto di forza sono invertiti. La favorita è Milano e questo potrebbe non essere un dato positivo per una squadra che ha mostrato di soffrire la pressione. Siena è data come sicura perdente e potrebbe essere un vantaggio per chi, proprio sulle sfide impossibili, ha vissuto tutto l'anno.

La logica dice che la serie è segnata: Siena non ha sulla carta una soluzione per difendere in modo soddisfacente contro Milano che è decisamente più forte in ogni parte del campo. Se i toscani cercheranno di chiudere sul perimetro dovranno fare i conti con la potenza sotto canestro di Samuels e Lawall, con le penetrazioni di Gentile, Hackett e Langford, con i centimetri di Melli e Wallace. Se chiuderanno vicino a canestro lasceranno spazio e tiri a Langford, Gentile, Hackett e Jerrels, senza contare Moss, Melli e Kangur che quando trovano spazio dall'arco dei tre punti o dalla media distanza non si fanno certo pregare. Siena dovrà riuscire a difendere alla morte in ogni parte del campo e non sarà facile contro una squadra più potente, più tecnica, con più soluzioni di gioco e, non dimentichiamolo, con una panchina lunghissima in grado di resistere alla fatica meglio di chiunque altro.

Sarà una sfida tra chi ha paura di vincere, perché il titolo manca da una vita e la vittoria è l'unico risultato accettabile, e chi non vuole perdere per chiudere nel modo più bello una storia che ha un finale già scritto: il 4 luglio, indipendentemente dal risultato del campo, la Mens Sana Basket uscirà dal basket che conta, affondata non dai rimbalzi o dai tiri da tre punti ma dalla sentenza del Tribunale di Siena che emetterà la sentenza di fallimento.

Sarà una sfida tra chi non ha quasi mai trovato il massimo, nella stessa partita, da parte dei suoi campioni, e chi ha costruito l'approdo in finale proprio basandosi sulla capacità dei suoi giocatori di rendere al massimo nello stesso momento: così Siena ha battuto Reggio Emilia, così ha eliminato Roma, così proverà ad affrontare Milano.

Sarà anche la sfida tra chi ha vinto tantissimo con la maglia di Siena, a partire da coach Banchi, e adesso si trova a difendere i colori delle scarpette rosse, e chi invece è sopravvissuto alla diaspora seguita alla vittoria dello scudetto 2013.

Sarà anche la partita tra due squadre che, nei playoff, si sono finora incontrate tre volte per un totale di tredici partite: Milano ne ha vinta una sola. Ma era un'altra Siena e, soprattutto, era un'altra Milano.

P.S. Quella di ieri sera è stata con ogni probabilità l'ultima partita giocata da Travis Diener. Un infortunio alla caviglia l'ha tolto dal campo anzitempo: inutile il suo generoso tentativo di rientrare in campo. Se davvero smetterà di giocare, un campione così mancherà a tutto il basket.

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