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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 12:09.
L'ultima modifica è del 17 giugno 2014 alle ore 13:42.

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«Io non ho dato alcun dettaglio»: piuttosto la Procura di Bergamo «dovrebbe chiedersi chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli». E comunque «l'opinione pubblica aveva diritto di sapere». Così il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, replica al procuratore di Bergamo, Francesco Dettori che, dopo il fermo di Massimo Giuseppe Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio, stamattina aveva dichiarato: «Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo. Questo anche a tutela dell'indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza».

La notizia del fermo di Bossetti - muratore originario di Clusone, sposato con tre figli - era stata comunicata in una nota dal Viminale. Il sospettato, che prima ha negato ogni responsabilità e poi si è avvalso della facoltà di non rispondere, ieri sera è stato fatto oggetto di insulti e di grida di "assassino" da parte della gente che si trovava davanti alla caserma durante il primo interrogatorio. Dopodiché è stato portato in carcere dove ha trascorso la notte. Quarantaquattro anni e una sorella gemella, Bossetti è stato individuato grazie all'esame del Dna (è il figlio naturale di Giuseppe Guerinoni, il camionista morto nel 1999 il cui Dna era risultato sovrapponibile con quello ritrovato sul corpo di Yara). Il suo cellulare, inoltre, sarebbe risultato tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove è stato ritrovato il cadavere dell'adolescente nell'ora in cui sarebbe avvenuto l'omicidio.

È stato venerdì scorso che gli investigatori impegnati nel caso Yara hanno avuto la conferma che una delle donne prese in esame era madre del cosiddetto ignoto 1. Lo ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Bergamo, Antonio Bandiera, fornendo una breve ricostruzione delle indagini. Domenica scorsa, Giuseppe Massimo Bossetti è stato controllato con uno stratagemma: è stato sottoposto ad etilometro. Ieri la definitiva conferma che il suo Dna era lo stesso di quello trovato sui leggings della ragazza uccisa. Da qui il fermo. Il comandante dei carabinieri bergamaschi si è detto «orgoglioso del lavoro svolto in perfetta sinergia dalle forze dell'ordine con il coordinamento della Procura di Bergamo».

La testimonianza dell'edicolante
Intanto, dopo la diffusione delle immagini di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di 44 anni fermato ieri con l'accusa di essere l'assassino della tredicenne di Brembate di Sopra, il muratore è stato riconosciuto dal gestore dell'edicola che sorge proprio accanto alla palestra frequentata da Yara Gambirasio e dove la ragazzina è stata vista viva per l'ultima volta il 26 novembre 2010. «Appena ho visto la foto l'ho riconosciuto. Si fermava ogni tanto qui vestito da muratore a comprare il quotidiano locale, alle volte anche uno sportivo» - ha riferito Giuseppe Colombi. «Una persona normalissima, non ho mai notato assolutamente nulla di particolare», ha aggiunto l'edicolante.

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