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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
«Ora tutti sono favorevoli a fare le riforme ed è positivo: un mese fa sembrava io avessi la peste. Tutti attorno a un tavolo, meglio via mail che si fa prima, e cerchiamo di essere operativi. Questa è la settimana in cui le cose si decidono». La settimana politica di Matteo Renzi si apre all'insegna della riforma costituzionale che supera il bicameralismo perfetto istituendo il Senato delle Autonomie e, sullo sfondo, della legge elettorale. Il premier ne parla nel pomeriggio davanti a una platea attenta come quella degli industriali veneti (si veda pagina 4). E soprattutto ne parla in mattinata con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Nel menù dell'incontro riforme, provvedimenti del governo e prossimo Consiglio europeo. Ma sono le riforme a costituire il piatto forte dopo la svolta del Movimento 5 Stelle, che nel week end ha aperto la porta del dialogo sulla legge elettorale proponendo il cosiddetto Democratellum (un proporzionale con preferenze corretto leggermente in senso maggioritario tramite piccole circoscrizioni). «Napolitano e Renzi hanno fatto il punto sulla definizione dei provvedimenti legislativi discussi dal recente Consiglio dei ministri e hanno poi compiuto un ampio giro d'orizzonte sui temi della riforma costituzionale all'esame del Senato – fanno sapere fonti del Quirinale –. Nell'occasione si è parlato del possibile coinvolgimento del più ampio arco di forze politiche in vista della conclusione dell'iter delle riforme in quel ramo del Parlamento».
Il più ampio coinvolgimento possibile, con l'apporto anche delle forze di opposizione. Napolitano non si stanca di ripeterlo: le regole vanno possibilmente cambiate insieme. E certo la mossa di Beppe Grillo spariglia le carte sul tavolo della trattativa mettendo in difficoltà sia il Pd, che quelle carte non può esimersi dall'esaminare, sia Fi, che rischia di essere scavalcata in Parlamento dopo settimane di indecisione sulla tenuta o meno dell'ormai famoso Patto del Nazareno siglato tra Renzi e Berlusconi nel gennaio scorso. E non c'è dubbio che l'improvviso cambio di strategia di Grillo su riforme e legge elettorale mette innanzitutto sotto pressione proprio il patto del Nazareno. Patto che resta il pilastro sul quale Renzi ha costruito il suo progetto, ci tengono a precisare da Palazzo Chigi. Il premier non cambia schema sulle riforme – assicurano i suoi collaboratori –: la «via maestra» passa sempre dal Nazareno, ma certo Renzi non può che registrare il clima mutato dopo aver spianato la strada delle riforme in commissione Affari costituzionali con la sostituzione del dissidente Corradino Mineo con il capogruppo Luigi Zanda. Il messaggio mandato alle forze politiche dell'opposizione è insomma giunto chiaro: il governo non aspetterà oltre, le riforme possono passare anche a maggioranza. E a differenza di molti dei suoi nel Pd Renzi vuole prendere sul serio l'apertura di Grillo, non la considera un bluff o un espediente per uscire dall'angolo. La data buona per l'incontro con i 5 Stelle potrebbe essere mercoledì della prossima settimana (il format, streaming o altro, è ancora da decidere, l'unica certezza è che non ci sarà Renzi ma probabilmente la ministra Maria Elena Boschi e il vice al partito Lorenzo Guerini). Mentre l'incontro atteso con Berlusconi – il terzo faccia a faccia su riforme e legge elettorale – dovrebbe esserci nelle prossime ore, forse già oggi, anche se ancora non è stato fissato.

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