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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2014 alle ore 08:11.

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e Guido Tabellini
Che le tecnologie dell'informazione siano la rivoluzione dei nostri tempi non è una novità. Ciò che forse è meno noto è che in questo mese di giugno del 2014 si sta avviando la trasformazione verso uno Stato digitale. Dal 6 giugno è obbligatoria la fatturazione elettronica per i fornitori della Pubblica amministrazione (Pa). Il 13 giugno il decreto di riforma della Pa ha approvato l'identità digitale: dal 2015 ogni cittadino avrà un codice per accedere da casa a tutti i servizi della Pa. Il 30 giugno diventerà obbligatorio il processo civile telematico, che impone di archiviare in forma digitale tutti gli atti del processo. Entro la stessa data le Regioni dovranno presentare i piani per realizzare l'archiviazione e la gestione informatica dei documenti sanitari dei cittadini: avremo tutti una cartella sanitaria elettronica con i nostri dati consultabile ovunque.
Questi cambiamenti nei servizi pubblici e nei rapporti tra Stato e cittadini sono solo l'inizio. L'Agenda Digitale, come l'ha chiamata la Commissione europea, promette impatti ancora più significativi, non solo sullo Stato e i cittadini, ma anche sui mercati, sulle imprese e sulle loro capacità di innovare. Ad esempio, la Commissione stima che il settore legato all'elaborazione dei dati pubblici potrebbe raggiungere nella Ue-27 alcune centinaia di miliardi di euro, o quasi 2% del Pil.
Per realizzare questi obiettivi occorre prendere alcune importanti decisioni di policy. Innanzitutto servono infrastrutture. In un paese moderno le infrastrutture per la crescita sono sempre meno i ponti e le autostrade. L'Italia ha bisogno di investimenti infrastrutturali fatti sia di tecnologie (ad esempio, un grande cloud che raccolga i dati della Pa, con relative tecnologie per la sicurezza) che di servizi (per standardizzare le informazioni).
Bisogna però guardarsi da due errori. Il primo è il localismo. La digitalizzazione è un'opportunità soprattutto se i dati e i sistemi comunicano su scala nazionale.


Anche le imprese hanno più incentivi a investire nell'innovazione di supporto se il mercato è nazionale. Ma oggi molti sistemi sono locali. La cartella sanitaria è consultabile solo nella città, o nello studio medico, in cui è stata creata. Gli investimenti vanno fatti su scala nazionale e coordinati dal governo, se possibile dalla Presidenza del consiglio.
La protezione dei "campioni nazionali" è il secondo errore da evitare. Gli appalti vanno assegnati con bandi aperti a soggetti nazionali ed esteri, e senza sacrificare troppo la qualità per risparmiare sul prezzo. Non è vero che ciò significa abdicare a tecnologie e imprese estere. L'apertura incoraggia consorzi misti.

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