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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2014 alle ore 12:48.
L'ultima modifica è del 25 giugno 2014 alle ore 17:35.

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Matteo Renzi sulle riforme vuole andare dritto come un treno. Di rallentamenti con l'incognita di ritrovarsi poi magari davanti a qualche ostacolo maggiore non previsto non ha voglia neppure di sentir parlare. Fare presto, il più presto possibile, fermo restando l'obiettivo di una modifica di sistema coerente con alcuni punti non negoziabili, rimane una priorità per il premier impegnato in prima fila nelle trattative, come ha dimostrato la partecipazione all'incontro con i Cinque Stelle niente affatto scontata sino a poche ore dall'avvio.

Ogni dubbio residuo sull'intenzione di Renzi di sottrarsi al rischio dei rinvii nel timore di imboscate, se pure fosse rimasto, ha trovato soluzione nella coda del vertice alla Camera. Quando emblematicamente, a Luigi Di Maio che condizionava la disponibilità a sedersi al tavolo al rinvio del termine per la presentazione degli emendamenti, Renzi ha risposto con nettezza di no, aggiungendo: «Voi gli emendamenti li avete presentati o no? Benissimo e allora discuteremo dei nostri e dei vostri».

Lunedì, alle 16, la commissione Affari costituzionali inizierà a votare le proposte di correzione al disegno di legge sulle riforme. Il capogruppo democratico a Palazzo Madama Luigi Zanda, a margine dei lavori della commissione, ha annunciato anche che il termine per il deposito dei subemendamenti è spostato dal pomeriggio di oggi a domattina alle 11.

Nei colloqui riservati ancora si discute di una via d'uscita all'ultimo problema emerso al momento delle modifiche comunicate e condivise dai due relatori, la questione dell'immunità per i rappresentanti del nuovo ramo del Parlamento. «Troveremo una soluzione ragionevole» ha assicurato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Sembrava esserci una discreta convergenza sul ruolo della Consulta nella valutazione caso per caso della protezione degli eletti ma, ragiona Boschi, ciò non mette al riparo da «perplessità maggiori, anche a livello comparativo. Comunque è una proposta sul tavolo, autorevole, e la valuteremo».

Sull'Italicum il confronto fra i rappresentanti di Pd e M5S ha riservato qualche sorpresa. I democratici si sono presentati con due donne e due uomini (il premier, Roberto Speranza, Alessandra Moretti e Debora Serracchiani), solo al maschile invece la delegazione pentastellata. Non a caso Renzi ha voluto essere accompagnato dall'europarlamentare veneta: l'ex bersaniana Moretti è stata appena eletta e con un gran numero di preferenze, un modo per rispondere a quello che si sapeva sarebbe stato il piatto forte della proposta dei grillini.

«Sono contento che il #Democratellum (votato da centinaia di migliaia di cittadini) sia un punto di partenza», ha modo di dire al termine il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Fra qualche giorno le parti si rivedranno per fare il punto, in realtà però alcuni paletti sono già sul terreno ed è stato il premier-segretario a piantarli. Prima e irrinunciabile condizione la governabilità. «Noi siamo banali - ha detto Renzi - pensiamo che ci debba essere un vincitore. Il punto delicato del "Toninellum" (la proposta M5s, ndr) è che può darsi che ci sia un vincitore, ma non c'è la certezza. Nell'Italicum c'è».

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