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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2014 alle ore 15:35.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2014 alle ore 15:39.
Apple manda un messaggio all'Europa e ricorda quanto pesa l'indotto del gigante di Cupertino per la creazione di nuovi posti di lavoro. I conti sono presto fatti: come riassume una pagina web pubblicata sul loro sito l'apporto di Apple all'ecomomia europea si può conteggiare in 629mila posti di lavoro così ripartiti. 497mila attribuibili agli Apple Store (dati di una ricerca condotta da Vision Mobile dal titolo The European App Economy) 132mila creati direttamente o indirettamente con il supporto di Apple, 116mila «in aziende che hanno beneificato della crescita di Apple» e altri 16mila in qualità di dipendenti europei di Apple. In tutto fanno 630mila posti di lavoro. In Italia i dipendenti diretti sono 130mila.
Secondo i calcoli di Cuperino dal 2008 a oggi Apple avrebbe creato direttamente 500mila nuovi posti di lavoro. Ma il grosso è rappresentato dalla app economy. Con più di 1,2 milioni di app create e 75miliardi di download l'ecosistema iOs avrebbe creato 500mila posti di lavoro dall'introduzione dell'App Store nel 2008. In Italia gli sviluppatori che avrebbero guadagnato con il business delle app ovvero i membri del sarebbero 20.900. In pratica Apple avrebbe pagato in Europa agli sviluppatori qualcosa mcome 6,5 miliardi di dollari .
L'anno scorso la notizia del rosso di Apple Italia. Nonostante profitti globali miliardari, nel 2012 Apple è andata in rosso in Italia e ha versato al fisco 3 milioni di euro di tasse. È quanto emerso dai bilanci di Apple Retail Italia e Apple Italia, le due controllate di Cupertino basate nel nostro Paese, consultati dall'Ansa. A giugno l'apertura dell'inchiesta
per esaminare se le decisioni delle autorità fiscali di Irlanda, Olanda e Lussemburgo sulle imposte da far pagare a Apple e Starbucks sono conformi alle regole europee sugli aiuti di Stato. Oggi i dati sui posti di lavoro lanciano in qualche modo un messaggio all'Europa che si lamenta da tempo della difficoltà di tassazione delle multinazionali sul proprio suolo. Naturalmente nel mirino non c'è solo Apple.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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