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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2014 alle ore 07:27.
L'ultima modifica è del 19 agosto 2014 alle ore 08:21.

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Dalla difesa dell'euro con le OMTs alla lotta contro la deflazione con il QE. Nei due casi i mercati scontano l'acquisto di BTp da parte della Bce. Lo spread cala, ma l'Italia non si muove: un'Italia affetta da una brutta recessione, da un'assenza di crescita data da una stratificazione di carenze profonde e strutturali e da un debito/Pil oltre il 130 per cento.

In quest'Italia, comunque, i BTp sono stati messi al riparo dagli attacchi della speculazione e degli euroscettici. Gli Stati membri dell'Eurozona e la Bce hanno fatto di tutto per evitare che il timore di un'insolvenza dell'Italia, primo emittente di debito pubblico in Europa, minasse l'esistenza dell'euro. I titoli di Stato italiani, in asta con circa 450 miliardi di emissione lorde l'anno, sono stati protetti dalla nascita dei due fondi salva-Stati Efsf e Esm, dal Securities markets programme della Bce e dalla forma innovativa di aiuto esterno dato dalla "linea precauzionale", che si chiede in via preventiva e non si usa. La protezione massima è arrivata con lo scudo delle OMTs di Mario Draghi, gli acquisti, possibili ma non automatici, sul secondario da parte della Bce di titoli di Stato con vita residua di tre anni dei Paesi che chiedono e ottengono aiuto all'Esm e mantengono gli impegni su riforme strutturali e consolidamento dei conti pubblici. I prezzi dei BTp sono saliti, il rendimento è sceso ai minimi storici e lo spread contro i Bund è crollato dai picchi del 2011 e dalle turbolenze del 2012: senza che l'Italia abbia brillato sul fronte delle riforme strutturali e con un debito/Pil in continua ascesa, pur vantando uno dei migliori avanzi primari in Europa, deficit/Pil e conti pubblici complessivamente sotto controllo. I BTp insomma hanno avuto vita facile, senza che l'Italia si sia mossa più di tanto e con la Bce che sui BTp non si è mossa affatto: le OMTs sono un bazooka ma sono rimaste nel cassetto di Mario Draghi.

In questi giorni, l'Italia è tornata in recessione "tecnica", sempre per colpa di quelle carenze, che oltre ed essere strutturali e stratificate appaiono ora pietrificate, e per via del cammino delle riforme, troppo lento anche con il passo di Matteo Renzi. Sui 1.400 miliardi di BTp in circolazione, il ritorno della recessione provoca qualche sussulto, nulla di più. Non solo l'Italia offre rendimenti appetibili: i titoli di Stato tedeschi a due anni viaggiano su tassi negativi da giorni mentre i Bund sono scesi sotto l'1%. Tuttavia andare corti sui titoli del debito italiano, come sull'euro, è considerato un gioco molto pericoloso. Se prima c'era la minaccia delle OMTs, per garantire la sopravvivenza dell'euro e la tenuta dell'Italia, ora i mercati confidano nel quantitative easing per contrastare il rischio di deflazione in Europa, con acquisti da parte della Bce estesi ai titoli di Stato, dunque ai BTp.
A differenza delle OMTs, che hanno funzionato bene come arma deterrente, il QE per avere effetto deve essere fisicamente attuato: nel caso di reale rischio di deflazione, l'iniezione di liquidità non potrà essere somministrata dalla Bce solo tramite le banche come fatto finora (le due VLTRO triennali per 1.000 miliardi al 20 agosto erano ripagate per 390 miliardi e le prime due aste delle TLTRO guarda caso sono attese per 400 miliardi).

Il mercato non ha voglia di pensare ai dettagli, alle "tecnicalità" e punta sul QE. La Bce guarderà ai dati sull'inflazione, in novembre sgombrerà il campo dai dubbi sulla solidità del sistema bancario chiudendo l'Asset Quality Review (AQR), a settembre e poi dicembre avvierà i prestiti quadriennali per l'economia TLTRO (e la prima scadenza dopo due anni potrà essere estesa). E se all'inizio del 2015 la deflazione dovesse essere combattuta a colpi di QE, il mercato è pronto a scommette che i BTp saranno acquistati dalla Bce, che l'Italia se lo meriti oppure no. Non si sa con quale criterio, dal peso dei singoli Stati azionisti in Eurotower alla quota fissa dei titoli in circolazione: se il quantitative easing dovesse andare oltre le cartolarizzazioni e i covered bond, le obbligazioni di banche e società ed estendersi ai titoli di Stato, i BTp l'avranno spuntata ancora una volta e con essi il rischio-Italia senza riforme. Se però il mercato dovesse perdere fiducia nelle OMTs e nel QE e temere un bluff, in un'Italia in recessione cronica i BTp sarebbero una foglia al vento.

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