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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2014 alle ore 18:27.
L'ultima modifica è del 12 agosto 2014 alle ore 11:48.

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Ha iniziato Goldman Sachs, potente banca americana, una decina di giorni fa: per prima ha voltato le spalle all'Italia, consigliando agli investitori di smettere di comprare BTp e di stare «neutrali». Poi è arrivata Barclays, banca inglese, a lanciare un messaggio simile. Poi Morgan Stanley ha calcolato che, in questa situazione economica di stagna-recessione e di disinflazione, per ridurre il debito pubblico l'Italia dovrebbe avere un avanzo primario del 4%, oppure una crescita economica annua del 3%: cioè due obiettivi attualmente non alla portata.

Ora arriva anche l'agenzia di rating Moody's, che in una breve analisi lancia un messaggio altrettanto chiaro: gli ultimi dati sul Pil dimostrano che anche nel 2014 l'Italia non crescerà (Moody's stima un -0,1% per l'intero anno). Questo, secondo Moody's, farà probabilmente "mancare" al Governo gli obiettivi di deficit e aumenterà il «vento contrario» sulle riforme strutturali.

Queste analisi dimostrano che la grande finanza, le grandi banche e i grandi «opinion leader» dei mercati iniziano a guardare l'Italia con occhi scettici. Dopo mesi di euforia borsistica, che ha portato lo spread su livelli inimmaginabili fino a pochi mesi fa, ora il vento sembra cambiare. Il motivo è sempre lo stesso: il Paese continua a dimostrare, anche dopo una lunga recessione, l'incapacità di auto-riformarsi. La crescita economica, anche a causa del fatto che il Paese ha una delle popolazioni mediamente più vecchie del mondo, è un miraggio da ormai moltissimi anni. Per ripartire l'Italia ha bisogno di un profondo restyling delle istituzioni, dell'economia, della burocrazia, della giustizia. Eppure, sebbene tutti siano consci di queste priorità, niente sembra mai cambiare davvero: le resistenze sembrano sempre avere il sopravvento sul buon senso.

Le grandi banche d'affari e le agenzie di rating, con queste recenti analisi, lanciano un ultimatum al Paese: senza una svolta vera, per l'Italia sarà dura uscire dalla recessione e sarà ancora più dura attirare gli investimenti internazionali. In un contesto di crescente fragilità geopolitica e in attesa dei rialzi dei tassi Usa, sarà dunque sempre meno facile tenere a bada la speculazione finanziaria che più di una volta ha dimostrato di saper mettere in ginocchio un Paese. I prossimi mesi, insomma, potrebbero preannunciarsi "caldi" sul fronte dei mercati finanziari.

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