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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 14:04.
L'ultima modifica è del 05 ottobre 2014 alle ore 16:39.

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L'Eurozona continua a vivere una difficile situazione priva di politiche economiche per la crescita e schiacciata tra l'arroccamento rigorista alla tedesca e lo strappo sovranista alla francese. Bene ha fatto l'Italia a tenere una posizione distinta da queste nell'aggiornamento del Def ma anche ad esprimere, con una dichiarazione del presidente Renzi, una certa indulgenza per la decisione francese.

Adesso bisogna però utilizzare lo strappo di Parigi per riorientare in modo condiviso le politiche dell'Eurozona verso un "growth compact".
Lo strappo francese e gli effetti. La Francia ha sbagliato a dichiarare unilateralmente che fino al 2017 non rispetterà il vincolo del 3% di deficit sul Pil e tuttavia ha posto così in modo netto un problema che le Istituzioni europee devono affrontare. Quello della riforma del "fiscal compact" che deve essere coniugata con una spinta agli investimenti nazionali e nelle infrastrutture europee. Il caso francese dimostra infatti che le regole di bilancio europee sono sbagliate. Perchè la Francia non è un Paese scassato assimilabile alla Grecia e neppure alla Spagna. Eppure dal 2008 al 2014 il suo deficit sul Pil è stato, mediamente, del 5,1% e il debito sul Pil è salito di 27,4 punti percentuali raggiungendo il 95,6%.

Il programma di arrivare sotto il 3% nel rapporto deficit su Pil solo nel 2017 porterebbe questo rapporto, nella media del decennio 2008-17, intorno al 4% . È dunque chiaro che la prescrizione di un deficit sul Pil al 3% e di debito sul Pil al 60% sono del tutto incomprensibili; così come lo è quella sul pareggio del bilancio strutturale nel medio termine e non solo perché altri Paesi sviluppati extraeuropei hanno fisiologicamente livelli tendenziali molto più alti. La stessa Eurozona negli anni 2008-2014 presenta medie annue sul Pil al 4% per il deficit e al 2,8% per il saldo strutturale mentre il debito arriva al 96% nel 2014.

Da tempo era nota la difficoltà francese di stare dentro il 3% del deficit sul Pil.
C iò non è stato penalizzato dai mercati in termini di tassi di interesse e di spread sui Bund sia per ragioni politiche (perché la Germania, senza l'appoggio della Francia, perde la capacità di controllo della Ue), sia per ragioni finanziarie (è probabile che nella crisi la Germania abbia dato un aiuto alla Francia comperando parte dei 1.100 miliardi di titoli francesi in mani straniere) sia per ragioni economico-istituzionali (la Francia è uno Stato che funziona ed ha una buona economia reale, malgrado il dirigismo). Per tutti questi motivi la Francia è il solo Paese che può chiedere ed ottenere, nell'interesse dell'Eurozona, flessibilità, riforme, investimenti.

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