
Di Pino Daniele ce ne sono stati almeno due. Il primo è il rivoluzionario con la chitarra, quel Masaniello «crisciuto» che ha portato a un punto di fusione napoletano, italiano e inglese, tradizioni musicali sorte ai piedi del Vesuvio e blues, con un'originalissima «cazzimma» capace di restituire, sotto forma di poesia istintiva, tutte le contraddizioni del mondo da cui proveniva.
Il secondo comincia nel 1993, con l'album «Che Dio ti benedica»: è quello che un po' alla volta lascia le sonorità black per il pop, la scrittura in lingua napoletana per quella in italiano e forse dovremmo aggiungere la città di Napoli per quella di Roma e, quindi, la Toscana. È pure quello che, con l'album «Dimmi cosa succede sulla terra», arriverà al milione di copie vendute.
Con la disputa tra familiari e fan sul luogo in cui celebrare i funerali è come se il primo fosse entrato idealmente in rotta di collisione con il secondo. Da un lato la famiglia, intesa come la compagna e i cinque figli, che aveva scelto Roma; dall'altro la famiglia, intesa come fratelli e nipoti, che pretendevano Napoli. Alla fine si è optato per una saggia mediazione: Pino Daniele avrà due pubblici commiati. Il primo, quest'oggi alle 12 presso il Santuario del Divino Amore della Capitale, il secondo alle 19 presso la Basilica reale di San Francesco di Paola a piazza Plebiscito. Quella stessa piazza più volte riempita in vita dal «Nero a metà» che ieri sera ha visto riunirsi spontaneamente 100mila persone per intonare «Napule è».
Proprio dimostrazioni d'affetto come questo flash mob auto-convocatosi in rete devono aver contribuito alla decisione di celebrare il rito funebre in due città, un po' come fu per Totò che nel 1967 fu salutato a Roma e ben due volte a Napoli (la seconda, come omaggio postumo di un uomo di rispetto della Sanità, addirittura con una bara vuota). E se ancora non ci sono certezze su quale comune toscano accoglierà le spoglie mortali del cantautore di «Terra mia», il sindaco di Napoli Luigi de Magistris già annuncia una strada o una piazza a lui intitolata. Dinamiche convulse e smisurate, in una parola napoletane che, in tutta probabilità, il primo Daniele si sarebbe divertito a mettere in musica.
Niente di convenzionale, com'è stato anche ieri per la camera ardente all'obitorio dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma, dove il cantautore è morto tre notti fa. Per ore sono sfilate tantissime persone comuni accanto a colleghi illustri e personaggi pubblici, ma la chiusura anticipata per volontà della famiglia ha provocato la rabbia degli appassionati, alcuni venuti proprio da Napoli, costretti a una lunga attesa al freddo. Anche contro alcuni vip che sarebbero stati fatti entrare lo stesso. Bersagliato dalle polemiche anche Massimo D'Alema, amico personale di Daniele, che ha preferito allontanarsi dall'ospedale. A un certo punto si è diffusa la notizia di una foto della salma di Daniele scattata e postata sul web che, secondo l'amico cantante Enzo Gragnaniello, avrebbe convinto la famiglia a chiudere la sala. La camera ardente è stata quindi riaperta per poco tempo per permettere alla gente di salutare l'artista. Davvero senza precedenti quanto sta accadendo in questi giorni a Napoli. Sarà anche vero che il secondo Pino Daniele ha ottenuto maggiori riscontri di pubblico, ma è lo spirito del primo che ancora oggi continua a stupire. Come la città che lo ha ispirato.
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