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Giulio Regeni ucciso con un colpo al collo. Gentiloni: siamo lontani…

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rilasciati i due arrestati

Giulio Regeni ucciso con un colpo al collo. Gentiloni: siamo lontani dalla verità

È morto per la frattura di una vertebra cervicale Giulio Regeni, il ricercatore friulano il cui cadavere è stato trovato in Egitto giovedì scorso. A causare la frattura è stato un violento colpo al collo. Sono le prime informazioni emerse dall'autopsia sul corpo del giovane. L'equipe di medici legali dell’istituto di Medicina legale dell'Università “La Sapienza” di Roma, coordinati da Vittorio Fineschi, ha riscontrato sul giovane i segni di un violento pestaggio e numerose abrasioni e altre fratture evidenti, tuttora oggetto di analisi così come il colpo al capo che ha provocato il decesso. Il cadavere è stato sottoposto a tac, esame tossicologico e radiografie.

La salma di Giulio Regeni era giunta a Fiumicino nel pomeriggio di sabato a bordo di un volo della Egyptair, su cui viaggiavano anche i genitori, Claudio e Paola Deffendi. Dopo il rimpatrio, il feretro del ricercatore universitario trovato ucciso tre giorni fa al Cairo e torturato prima di morire è stato trasferito all'istituto di Medicina legale dell'Università “La Sapienza”, dove è stata eseguita l'autopsia.

Rilasciate le due persone fermate
Sono state rilasciate le due persone fermate venerdì nell'ambito delle indagini sull'uccisione di Giulio Regeni. Lo riferiscono fonti della sicurezza al Cairo limitandosi a sottolineare che si trattava di «sospetti» nei confronti dei quali non è stata formalizzata alcuna accusa che giustificasse un arresto.

Gentiloni: siamo lontani dalla verità
Il ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, ricordando che i familiari e la salma di Regeni sono attesi a Trieste, ha dichiarato che «siamo lontani dalla verità». «A quanto risulta dalle cose che ho sentito sia dall'ambasciata sia dagli investigatori italiani che stano cominciando a lavorare con le autorità egiziane - ha detto Gentiloni - siamo lontani dal dire che questi arresti abbiano risolto o chiarito cosa sia successo». Secondo il ministro, occorre «assolutamente che il lavoro» di indagine «possa essere fatto insieme» alle autorità egiziane.

Investigatori italiani arrivati in Egitto
È già al Cairo il team di investigatori italiani che seguirà con le autorità egiziane le indagini sulla morte di Regeni. Il team è composto da poliziotti dello Sco, carabinieri del Ros e agenti Interpol. E ha il compito di collaborare alle indagini avviate dalle autorità locali, che hanno assicurato piena cooperazione nel tentativo di fare piena luce su quanto accaduto. Gli investigatori italiani sono partiti con un mandato “aperto” («acquisire ogni elemento utile» che consenta di «ricostruire quanto accaduto») da parte della procura di Roma, che ha avviato un’indagine per omicidio, in modo da consentire il più ampio margine di manovra, in attesa di testare l’effettiva collaborazione delle autorità egiziane. L'obiettivo è quello di riuscire a parlare con il maggior numero di testimoni che hanno avuto a che fare con il giovane negli ultimi giorni; perquisire l'abitazione in cui Regeni viveva; accedere, qualora fossero disponibili, al suo cellulare e computer.

Alfano: vogliano la verità, al Sisi collabori
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ai microfoni di “Agorà” (Rai 3) ha ricordato che il governo ha «chiesto la massima cooperazione al presidente egiziano Al Sisi» e si è detto «convinto» che questi «non si sottrarrà all'obbligo di cooperazione perché lo sdegno, la rabbia per quello che è successo a Giulio non può limitarsi ad essere tale, deve tradursi nello sforzo della verità, nell'ottenere la verità». Tutte le procedure, ha aggiunto, «saranno attivate perché la giustizia sia severa con i responsabili».

Al Cairo sit-in indetto su Facebook
Una pagina Facebook nota fra gli amici di Regeni (”The Januarians”) ha organizzato un sit in ieri con fiori per Giulio «fuori dell'ambasciata italiana alle 16» ora locale (le 15 in Italia) al Cairo. «È stato rapito, torturato e ucciso come molti altri egiziani», si afferma nel testo che comincia con la frase «Giulio Regeni è uno di noi».

Il pressing di Renzi sul presidente Al-Sisi
La trasferta della squadra di investigatori italiani era stata l’altro giorno al centro di un colloquio telefonico del premier Matteo Renzi con Al-Sisi, sollecitato anche a favorire un rapido rimpatrio della salma di Regeni. Al-Sisi, si legge in una nota diffusa al termine del colloquio, ha sottolineato che «il ministero dell'Interno egiziano è stato incaricato di proseguire il suo lavoro, in collaborazione con la procura, così da svelare il mistero che circonda l'incidente ed esaminare tutte le circostanze che lo circondano». Il presidente egiziano ha poi garantito a Renzi che l'Italia «troverà la collaborazione necessaria delle autorità competenti egiziane» per chiarire la vicenda.

Ambasciatore Egitto: no a strumentalizzazione vicenda
Tesi ribadita dall'ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy («le indagini saranno svolte con la massima trasparenza e collaborazione») che, preoccupato delle possibili ricadute della vicenda sui rapporti bilaterali Italia-Egitto, ha però sottolineato anche la necessità di «non dare a certi “nemici” l'opportunità di strumentalizzare la morte del giovane» Giulio Regeni e «minare» così «i rapporti stabili e eccellenti fra i nostri Paesi».

Regeni «aveva paura»
Regeni voleva intervistare diversi attivisti sindacali prima di sparire, dieci giorni fa, nella periferia del Cairo. Forse è questa la causa di una morte che getta un'ombra pesante nei rapporti tra Il Cairo e Roma, che chiede al governo egiziano e al suo uomo forte Abdel Fattah al Sisi di fare piena luce sulla vicenda e sull’eventuale ruolo della polizia egiziana. «Aveva paura» il ventottenne trovato morto mercoledì ai margini dell'autostrada tra la capitale egiziana e Alessandria. Scriveva per il Manifesto storie del movimento sindacale egiziano ma sotto pseudonimo: «aveva preferito non firmare gli articoli perché «aveva paura per la sua incolumità», ha detto ai microfoni di Radio Popolare Giuseppe Acconcia, collaboratore del quotidiano, che conosceva il giovane trovato morto al Cairo. «Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente», ha raccontato Acconcia all'emittente; il giovane, inoltre, aveva contatti con l'opposizione egiziana. Ed è forse a questi ultimi che si era rivolto per mettersi in collegamento con esponenti sindacali da intervistare, o da poco intervistati.

Il “Manifesto” ripubblica l’ultimo articolo del dottorando
Venerdì mattina, i lettori del “Manifesto”, hanno trovato in prima pagina il reportage «In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti», l’ultimo articolo dal ricercatore, questa volta con la sua firma, ripubblicato nonostante la diffida della famiglia del ragazzo. L'articolo, spiega il quotidiano, è stato inviato da Regeni «e sollecitato via e-mail a metà gennaio». «Ci aveva chiesto - si legge ancora - di pubblicarlo con uno pseudonimo così come accaduto altre volte in passato. Ci abbiamo pensato e abbiamo deciso di offrirlo oggi ai nostri lettori come testimonianza, con il vero nome del suo autore, adesso che quella cautela è stata tragicamente superata dai fatti».

Mogherini: Ue al fianco dell’Italia, Egitto collabori
Sulla vicenda è intervenuto anche l'alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini, per sottolineare che l'Unione europea «è certamente al fianco dell'Italia per fare in modo che la massima collaborazione sia garantita dalle autorità egiziane» per avere «la massima chiarezza sulla responsabilità e la dinamica» della morte dello studente italiano.

Servizi italiani: nessun collegamento giovane-intelligence
Intanto fonti dell'intelligence hanno smentito così le notizie apparse su alcuni organi di stampa di collegamenti tra il giovane ucciso al Cairo e i servizi italiani: «Ogni e qualsiasi collegamento di Giulio Regeni con l'intelligence italiana è da smentire categoricamente», così come sono da «rifiutare con determinazione» questo tipo di «inqualificabili falsità e strumentalizzazioni» della vicenda. Per queste notizie gli 007 esprimono «stupore e costernazione».

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