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L’ultimo addio a Fabrizio

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fabrizio forquet. 1967-2016

L’ultimo addio a Fabrizio

Commozione, affetto e alla fine le canzoni dell’amato Bob Dylan (dall’evocativa Knockin' on heaven's door agli interrogativi senza risposta di Blowin’ in the wind). Così la famiglia (la moglie Valentina, i quattro figli Ferdinando, Miosa, Marta e Giuliana, i genitori Piero e Giuliana, il fratello Aldo), tutta la comunità del Sole 24 Ore, colleghi giornalisti di altre testate, rappresentanti delle istituzioni e i tanti amici hanno reso l’ultimo omaggio a Fabrizio Forquet, il vicedirettore e capo della redazione romana del Sole 24 Ore morto sabato scorso ad appena 48 anni.

A salutare il collega ma soprattutto l’amico nella gremita parrocchia di San Saturnino Martire, a Roma, c’è tutto Il Sole 24 Ore, passato e presente. A cominciare dal direttore Roberto Napoletano, dal presidente del Gruppo 24 Ore Benito Benedini e dall’amministratore delegato Donatella Treu. Tra i banchi anche il presidente designato di Confindustria Vincenzo Boccia, l’ex presidente del consiglio e giudice costituzionale Giuliano Amato (di cui Fabrizio è stato portavoce al ministero dell’Interno nonché collaboratore e amico), il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, le ministre Maria Elena Boschi e Marianna Madia, la vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta, l’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, il presidente della Bnl Luigi Abete, il capogruppo alla Camera del Pd Ettore Rosato.

In chiesa i compagni di classe e la squadra di rugby under 14 del Cus Roma, di cui è capitano il primogenito di Fabrizio, Ferdinando. Una passione, quella per il rugby, trasmessa dal padre al figlio: Fabrizio da ragazzo aveva giocato a rugby a Napoli, la città dove era nato. Sgomenti anche i ragazzi dei master diretti da Fabrizio, quello in Management politico e quello di Giornalismo politico economico e informazione multimediale della Business School del Sole 24 Ore e gli studenti del corso di Giornalismo politico-economico della facoltà di Scienze politiche della Luiss, dove Fabrizio insegnava. Entrambi i master saranno intitolati alla sua memoria.

Prima il parroco don Marco Valenti ha voluto ricordare la generosità e il grande cuore di Fabrizio. Poi il pensiero commosso del fratello maggiore Aldo che ha evocato i 13 giorni di lotta di Fabrizio contro la malattia che non gli ha dato tregua e la speranza non esaudita di un risveglio purtroppo mai avvenuto. Ma ha anche riconosciuto come la sua straordinaria carriera di giornalista avesse di fatto reso Fabrizio «il suo fratello maggiore».

Il direttore Roberto Napoletano ha raccontato a tutti «chi era Fabrizio». Un uomo che «amava la vita, con due occhi che parlavano e sprigionavano intelligenza». Di lui ha citato l’esuberanza, l’ironia, («era arguto, aveva sempre la battuta pronta»). Ma soprattutto la grande intelligenza. «Aveva un cervello che non si fermava mai. Il suo cervello correva così tanto che la vita non è riuscita a tenergli testa» ha sintetizzato il direttore con riferimento alla morte che lo ha stroncato. «Fabrizio amava il suo lavoro, amava il giornalismo, amava soprattutto Il Sole 24 Ore». Ma era anche l’uomo che con la calma «sapeva trovare sempre la soluzione a ogni problema». Non era solo «un talento naturale, un grandissimo giornalista», ma anche una «persona generosa». Senza dimenticare «la napoletanità elegante» dell'uomo «legato all’odore del mare della sua città». Generoso ma anche ambizioso. «Per lui - ha detto Napoletano - bisognava fare sempre la cosa più bella, importante, più grande. E nulla ci poteva e doveva fermare». Di fronte alla sua morte resta lo sgomento e il vuoto. Ma oggi, ha insistito, «deve essere un giorno di festa, perché la morte non ha l’ultima parola». Le ultime parole sono di gratitudine e di fede. «Non chiediamo perché ce l’hai tolto. Non troveremmo nessuna ragione al mondo che possa essere una risposta valida a questa domanda. Vogliamo ringraziarti per avercelo dato e per avercelo dato per tanto tempo».

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