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CsC: dai lavoratori stranieri 8,7% Pil totale, impatto positivo su finanza pubblica

Il contributo diretto del lavoro degli stranieri in Italia ha superato nel 2015 i 120 miliardi, cioé l'8,7% del Pil complessivo (dal 2,3% del 1998). Lo stima il Centro studi di Confindustria in un rapporto presentato oggi dal titolo «Immigrati: da emergenza a opportunità». La presenza di immigrati ha, negli anni di espansione (1998-2007), innalzato la crescita cumulata del Pil di 3,9 punti percentuali dal 10,5% al 14,4% e negli anni della crisi (2008-2015) ha limitato la sua discesa di tre punti, dal -10,3% al -7,3%. Gli immigrati legali residenti in Italia, sono circa 5,8 milioni, pari al 9,7% della popolazione.

Secondo Confindustria, la presenza di immigrati in Italia è «sovrapercepita»: gli italiani infatti credono che la percentuale di stranieri nel paese ammonti al 26% della popolazione. Gli immigrati irregolari sono meno di 300 mila, il 6% dell'immigrazione totale. Oggi inoltre, continua Confindustria, «nonostante l'attenzione dell'opinione pubblica e dei policy maker sia focalizzata sull'aumento degli sbarchi, l'immigrazione legale vive una fase di moderazione».

La ripartizione per settori
Il peso del lavoro straniero varia molto tra settori: 10,6% in media la quota di stranieri sugli occupati, ma 15,8% in agricoltura, 9,6% nell'industria in senso stretto, 16,3% nelle costruzioni, 18,7% per ristorazione e alberghi e 39,9% nei servizi sociali e alle persone che includono le collaborazioni domestiche. Si osserva, inoltre, una strutturale segmentazione dei lavoratori stranieri tra settori economici a seconda dell'origine. L'industria in senso stretto, per esempio, assorbe buona parte dei lavoratori provenienti da Ghana (58,6%) e Pakistan (43,5%), ma anche circa un terzo di quelli da India (32,5%), Cina (28,2%) e Marocco (29,8%). I servizi alle famiglie, che includono le collaborazioni domestiche, assorbono invece gran parte dei lavoratori provenienti da Filippine (70,0%), Ucraina (67,8%), Sri Lanka (61,0%), Moldavia (54,4%), Perù (50,8%) e Ecuador (47,4%).

Csc: incoraggiare arrivi dei lavoratori qualificati
Per incrementare gli effetti positivi dell'immigrazione ed evitare che l'attenuazione degli arrivi riduca nei prossimi anni l'apporto degli stranieri all'economia italiana, Confindustria propone un piano d'azione su tre fronti che mira a riattivare i flussi incoraggiando gli arrivi di stranieri qualificati e arginando l'immigrazione irregolare. Il Centro studi di Confindustria sottolinea infatti che solo il 7,1% svolge lavori qualificati come dirigente o professioni intellettuali e tecniche a fronte del 37,3% di italiani. Gli immigrati fanno lavori che spesso gli italiani non sarebbero disponibili a fare. Il 27% di loro è impiegato o addetto al commercio e servizi, il 30,3% sono operai e artigiani e il 35,7% è personale non qualificato.

Protocollo d’intesa per inserimento dei rifugiati
Un'analisi ad ampio raggio, quella di Confindustria, con un risvolto operativo, annunciato l'altro ieri dal presidente, Vincenzo Boccia: la firma, per la prima volta nella storia di Confindustria, con il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, di un protocollo d'intesa per avviare iniziative comuni, con l'obiettivo di inserire nel lavoro i rifugiati, partendo da tirocini presso le imprese associate. «Le migrazioni internazionali non vanno affrontate né con timori né con barriere, sono un'opportunità sia per chi lascia il proprio paese in cerca di migliori condizioni di vita, sia per i paesi ospitanti, per lo più avanzati, dove l'invecchiamento demografico alimenta il conflitto di interessi intergenerazionale, minaccia la sostenibilità dei sistemi di welfare e rallenta il progresso economico», è la convinzione di Boccia, espressa nell'assemblea di Confindustria del 26 maggio, ribadita due giorni fa, all'assemblea degli industriali di Vicenza, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.

«Impatto positivo su conti pubblici»
Il Centro studi di Confindustria segnala inoltre che l’impatto dell'immigrazione sulla finanza pubblica è positivo: 12 miliardi di euro secondo gli ultimi dati disponibili nel 2009. Il contributo medio di un immigrato alle entrate pubbliche è inferiore a quello di un italiano, ma anche la spesa pubblica di cui usufruisce è più contenuta. Importante invece il costo delle emergenze per ragioni umanitarie: soccorso in mare, accoglienza, sanità e istruzione. L'impegno è passato da 828 milioni nel 2011 a 2,6 miliardi nel 2015 e a 3,3 miliardi stimati per il 2016.

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