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Referendum, Boschi: non è pro o contro il governo

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la riforma costituzionale

Referendum, Boschi: non è pro o contro il governo

«Nessuno chiede che il referendum sia pro o contro questo governo, ma chiediamo che sia pro o contro il cambiamento. Mi auguro venga affrontato restando sul merito». Così oggi la ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, a un convegno della Cisl. A lei ha fatto eco il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che intervistato ad Agorà ha sottolineato: «Penso che sia importante portare la discussione al merito. Non stiamo facendo un referendum sul governo».

Parole che certificano un cambio di rotta, perlomeno nei toni, da parte dell’esecutivo Renzi. Anche se il premier, dopo una timida apertura allo spacchettamento dei quesiti referendari (una ipotesi che consentirebbe di entrare maggiormente nel merito della riforma spogliandola del carattere plebiscitario che molti hanno rimproverato al presidente del Consiglio) sembra aver chiuso oggi la porta a questa ipotesi, sostenendo al Corriere.it che «non sta in piedi» e che «non è possibile fare un referendum “a la carte”». Riprendendo di fatto la tesi del costituzionalista Stefano Ceccanti, che la aveva definita «un’ipotesi che non ha alcun senso».

Gentiloni: vinceremo e Renzi non si dimetterà
Sta di fatto che, pur senza retromarce, l’enfasi della comunicazione del governo non è più sul passo indietro in caso di sconfitta. «Credo che sia un messaggio per mobilitare il nostro popolo» ha ammesso il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni rispondendo ad una domanda della Bbc sulle dimissioni annunciate del presidente del Consiglio in caso di vittoria del no. Ma poi ha rassicurato: «Siamo assolutamente fiduciosi che vinceremo il referendum sulla riforma costituzionale e Renzi non si dimetterà».

Boschi: referendum non è pro o contro governo
La parola d’ordine a palazzo Chigi ora è “stare sul merito” della riforma. «Il referendum è una bella e difficile tappa di montagna, mi auguro venga affrontata restando sul merito. Nessuno chiede che sia pro o contro questo governo ma chiediamo che sia pro o contro il cambiamento» ha detto la ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, a un convegno della Cisl. Anche perché «se interrompiamo adesso il percorso delle riforme, difficilmente si ricreeranno le condizioni per una nuova stagione di cambiamento». La ministra ha messo le mani avanti ammettendo che «nessuno ha la pretesa di presentare una riforma perfetta, ma il no sarebbe un voto di conservazione dell’esistente. «Chi vota no al referendum costituzionale - ha aggiunto la ministra - merita il nostro rispetto, perché è legittimo che ci siano posizioni diverse, ma ho il sospetto che sia contento così come sta, perché lascia le cose come sono oggi».

Orlando: tornare al merito del referendum
Anche dal Guardasigilli Andrea Orlando è arrivato un invito a «tornare al merito del referendum». Orlando non ha nascosto il fatto che in caso di sconfitta, il governo non potrebbe restare al suo posto («Un governo che è nato per le riforme, nel momento in cui le riforme fossero bocciate non può non tenerne conto. È un dato oggettivo») ma ha insistito anche lui sulla necessità di «portare la discussione al merito», perché «non stiamo facendo un referendum sul governo».

In bilico l’ipotesi spacchettamento
Quella che si apre oggi è una settimana delicata per l’esecutivo, atteso a una prima importante verifica di tenuta in Senato sul provvedimento che riguarda i bilanci di Regioni ed enti locali (è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti per il via libera: 161 voti). Ma è una settimana decisiva anche per capire se l’ipotesi spacchettamento del referendum costituzionali (si parla di cinque quesiti) prenderà corpo. I tempi sono infatti strettissimi, visto che la richiesta va presentata alla Corte di Cassazione entro il 15 luglio e servono le firme di un quinto dei deputati (126) o dei senatori (66). In Parlamento sembra crescere il vento a favore, parallelamente alle aperture sulla modifica dell’Italicum. Non è ovviamente una coincidenza. Riforma costituzionale e nuova legge elettorale sono indissolubilmente legate, visto che l'Italicum è stato pensato per la sola Camera dei deputati, dando per scontata di fatto l’abolizione del bicameralismo perfetto.

Boschi vede Radicali: su spacchettamento non decide governo
Il governo, sullo spacchettamento del referendum, dunque resta alla finestra. Questa la posizione del governo riferita da Maria Elena Boschi durante un incontro oggi con i Radicali che hanno sollecitato il ministro sul punto. A quanto si apprende, Boschi avrebbe ricordato che sulla questione spacchettamento non decide il governo, ma la Cassazione. Qualora venissero raccolte le firme, o dai cittadini o dai parlamentari, l’iter prevede infatti che la parola spetti alla Corte.

Gli schieramenti in campo
A chiedere lo spacchettamento è uno schieramento bipartisan che parte dai Radicali (che lo hanno promosso) e dai socialisti di Riccardo Nencini. I più attivi sono i centristi (in tal senso si sono pronunciati Maurizio Sacconi, Maurizio Lupi e Fabrizio Cicchitto di Ap) che puntano alla revisione dell’Italicum con la reintroduzione del premio di coalizione. Ma aumenta il drappello dei favorevoli nella maggioranza. A partire dalla minoranza Pd. Per il presidente dem della Toscana Enrico Rossi (Pd), si tratta di un’ipotesi che «potrebbe aiutare a riportare la discussione nel merito». Mentre per il leader della sinistra dem Gianni Cuperlo, l’ipotesi «è fondata su argomenti che vanno presi in considerazione». Più complicato un qualche sostegno dall’opposizione, dopo la risposta tranchant del capogruppo alla Camera di Fi Renato Brunetta («No a consultazione spezzatino, sarebbe incostituzionale») e la netta chiusura di Di Maio per il M5s («Lo spacchettamento è da miserabili»).

“Il referendum è una bella e difficile tappa di montagna, mi auguro venga affrontata restando sul merito”

Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme 

Fatto sta che, se accolta dalla Cassazione dopo la raccolta delle firme necessarie, la richiesta di spacchettamento molto probabilmente porterà a un conflitto di attribuzione da risolvere davanti alla Consulta. La data del «6 novembre» indicata da Palazzo Chigi per svolgere il referendum diventerebbe così impraticabile e sarebbe pressoché scontato che sulla riforma costituzionale si voterà nel 2017.

Fi: modifica Italicum dopo vittoria No referendum
Per quanto riguarda invece il connesso dibattito sulla modifica dell’Italicum, chiesto a gran voce da centristi, azzurri e sinistra dem, i capigruppo di Fi al Senato e alla Camera, Paolo Romani e Renato Brunetta, hanno rimandato ogni ipotesi concreta di modifica a dopo il referendum costituzionale: «Per noi la legge elettorale fortemente voluta dal governo Renzi - hanno scritto in una nota congiunta concordata ovviamente con Berlusconi - è una cattiva norma che va assolutamente cambiata». Ma tutto ciò però «potrà essere all’ordine del giorno del Parlamento solo dopo la consultazione referendaria sulla Costituzione, solo dopo la vittoria del “no”».



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